IL SEGRETARIO GENERALE DELL'ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI, LUIS ALMAGRO: “CONDANNIAMO LA MORTE DI FERNANDO, RESPONSABILITÀ DIRETTA DI UN REGIME TORTURATORE E OMICIDA”
Paolo Manzo per “il Giornale”
Erano le tre del pomeriggio di lunedì quando a Caracas è cominciata a circolare la notizia che Fernando Albán, politico di spicco del partito di opposizione alla dittatura chavista Primero Justicia, era morto, «suicidato» dagli sgherri dell'Abin, i servizi segreti al soldo di Maduro.
Immediata la reazione del segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani, Luis Almagro: «Condanniamo la morte di Fernando, responsabilità diretta di un regime torturatore e omicida. Questa dittatura criminale deve andarsene subito dal Venezuela». Parole forti soprattutto tenendo in conto che Almagro è uomo di sinistra doc, già ministro degli Esteri di Pepe Mujica, l'ex presidente tupamaro dell'Uruguay noto per essere una persona incorruttibile oltre che umile, una rarità per i socialisti del secolo XXI cresciuti alla corte dei miracoli di Chávez.
Solo che almeno l'ex tenente colonnello che tentò un golpe fallito nel 1992 uccideva molto meno del suo delfino Maduro che, invece, non solo costringe all'esilio i suoi avversari ma con sempre maggior frequenza li sbatte in galera per motivi politici o li fa uccidere. Come accaduto ad Albán, defenestrato dal decimo piano della sede dei servizi chavisti di Plaza Venezuela, in pieno centro capitolino.
«Lo stavano torturando in modo selvaggio per costringerlo a dichiarare il falso e accusare innocenti come Julio Borges, oggi profugo in Colombia, di una loro presunta partecipazione nell'attentato contro Maduro dello scorso 4 agosto. La situazione è poi sfuggita di mano a causa di una mossa un po' troppo azzardata da parte dei funzionari della polizia politica», racconta al Giornale una fonte presente sul luogo dei fatti e che per ovvi motivi di sicurezza ci chiede l'anonimato.
«Albán - secondo la testimonianza del deputato Juan Miguel Matheus, suo compagno di partito - era stato arrestato venerdì scorso all'aeroporto internazionale di Maiquetia/Caracas mentre rientrava da New York, dove aveva visitato la sua famiglia».
Era molto sereno a detta del suo avvocato Joel García che respinge le versioni «chiaramente contrastanti tra di loro e false» che danno per certo il suicidio del politico fatte dal ministro degli Interni Néstor Reverol - considerato dall'agenzia antidroga statunitense Dea un narcoboss - e dal procuratore generale Wiliam Tarek Saab, così chiaramente chavista e imbelle contro le palesi violazioni dei diritti umani da parte di Maduro da essere stato denunciato persino da suo figlio.
La morte per defenestrazione di Albán ricorda per molti versi quella dell'Aviatore, altro oppositore «suicidato» dalla dittatura chavista nelle stanze della tortura del Sebin ed è stata denunciata ieri sera anche dalla Conferenza episcopale venezuelana in un comunicato molto duro. «Fare opposizione in dittatura presume molto coraggio, si rischia la vita, all'estero dovrebbero saperlo» ha denunciato ieri El Nacional, l'ultimo giornale rimasto a Caracas critico del regime sempre più sanguinario di Maduro.
Fonte: qui
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