Alberto Mantovani* per il “Corriere della Sera”
*Direttore scientifico IRCCS Humanitas e docente di Humanitas University
Sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica Lancet i risultati emersi da un' analisi cosiddetta Gbd, acronimo di Global Burden of Disease Study. Si tratta dello studio più estensivo mai effettuato sugli effetti dell' alcol, condotto su 195 Paesi in un arco temporale compreso fra il 1990 al 2016.
I dati mostrano chiaramente, a livello mondiale, i danni realmente globali di questa sostanza. Nel 2016 era il settimo fattore di rischio non solo di morte prematura, con 2,8 milioni di morti (circa il 10%, maggiore per i maschi), ma anche di perdita di salute.
Non solo. Il consumo di questa sostanza rappresenta la più grave causa di morte prematura e disabilità fra i 15 e i 49 anni.
La diatriba sul fatto che ci sia o meno una soglia di consumo al di sotto della quale l' alcol non fa male - o, al contrario, addirittura farebbe bene - è un tema ricorrente sia nella letteratura scientifica sia nelle conversazioni al ristorante.
Ma lo studio Gbd sembra spazzare via ogni dubbio: i dati indicano chiaramente che il livello di consumo di alcol che rende minimo il rischio di danno alla salute è zero. Di fronte a una tale affermazione non possiamo non ricordare che l' alcol costituisce un enorme problema di salute globale.
Che, come accade sempre, affligge maggiormente i più poveri. L' alcol è responsabile di oltre 60 malattie, fra cui quelle cardiovascolari, diversi tumori (ad esempio mammella e fegato), tubercolosi, diabete, patologie infiammatorie. Per avere un' idea dell' impatto delle malattie causate da questa sostanza, nel 2010 in tutto il mondo si sono registrati 493 mila morti per cirrosi epatica e 80.600 per cancro del fegato.
Ma in che modo agisce l' alcol, al di là degli aspetti comportamentali? Attraverso meccanismi in larga misura di tipo infiammatorio: provoca danno ai tessuti, che mandano un segnale di allarme al nostro sistema immunitario.
Si scatena così una risposta infiammatoria fuori controllo, a sua volta causa di danno ai tessuti. Questa infiammazione fuori controllo, sostenuta da cellule del sistema immunitario chiamate macrofagi, è causa - o concausa - di malattie apparentemente così diverse, dai tumori alle patologie cardiovascolari.
Viene da chiedersi, dunque, perché consumiamo alcol? Certamente non me ne tiro fuori: mi piace bere un bicchiere di vino rosso a tavola, sarei un ipocrita se non lo dicessi. Per il nostro Paese, fino agli inizi del 900 povero, i motivi del consumo di alcol sono storici: forniva una quota importante di calorie, in un mondo dove c' era poco da mangiare e molto da lavorare.
Ma non possiamo dimenticare che si tratta di una sostanza che crea dipendenza fisica: come tale, è una vera e propria droga. Una delle due al momento legalizzate nel nostro Paese, insieme al fumo di tabacco. I dati di quest' analisi sono dunque motivo di forte preoccupazione. Vedo un cambiamento di usi e costumi, soprattutto fra le persone giovani, pericoloso.
Nella mia esperienza internazionale ho visto spesso, all' estero, una cultura diffusa del consumo di alcol - al di fuori di ogni limite ragionevole - al venerdì e al sabato sera. Un' abitudine che non c' era nel nostro Paese e che invece oggi vedo - purtroppo - più presente.
Di fronte a noi abbiamo dunque una battaglia culturale importantissima da combattere. Contro le droghe, legalizzate e non solo, e contro gli eccessi. Personalmente - non lo nascondo - continuerò a bere un bicchiere vino rosso a tavola con gli amici.
Apprezzando la qualità straordinaria dei vini italiani e in particolare dei vitigni di casa nostra, unici al mondo. Ma sarà sempre e comunque un solo bicchiere, ricordando una massima del Manzoni: «Pedro, adelante con juicio», come disse ne I promessi sposi (capitolo XIII) il gran cancelliere spagnolo Ferrer per indurre il suo cocchiere ad avanzare cautamente, con la carrozza, tra la folla.
Fonte: qui
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