Rischiamo l’era di “Idiocracy”: il benessere diffuso è causa di un generale abbassamento dell’intelligenza umana.
Non è più necessaria per la sopravvivenza.L’umanità diventa sempre più stupida! Lo aveva già profetizzato uno spassosissimo film del 2006, “Idiocracy“, nel quale si descrive l’umanità del 27° secolo dove l’intelligenza ha ceduto il posto alla stupidità più bieca.
Ora la conferma arriva da una teoria provocatoria elaborata da un genetista della Stanford University, secondo la quale l’uomo sta perdendo le sue capacità intellettuali ed emotive, dato che la rete di geni che conferisce il potere al nostro cervello è particolarmente vulnerabile alle mutazioni ambientali e sociali.
Non è più necessaria per la sopravvivenza.L’umanità diventa sempre più stupida! Lo aveva già profetizzato uno spassosissimo film del 2006, “Idiocracy“, nel quale si descrive l’umanità del 27° secolo dove l’intelligenza ha ceduto il posto alla stupidità più bieca.
Ora la conferma arriva da una teoria provocatoria elaborata da un genetista della Stanford University, secondo la quale l’uomo sta perdendo le sue capacità intellettuali ed emotive, dato che la rete di geni che conferisce il potere al nostro cervello è particolarmente vulnerabile alle mutazioni ambientali e sociali.
Nella società che abbiamo creato, non c’è più bisogno di creatività e ragionamenti per sopravvivere, quindi l’intelligenza potrebbe diventare qualcosa che inevitabilmente potremmo perdere!
Nonostante le scoperte scientifiche e gli avanzamenti tecnologici, l’uomo di duemila anni fa era molto più intelligente di oggi e, almeno da un punto di vista evoluzionistico, sarebbe ormai sul viale del tramonto.
A dirlo è Gerald Crabtree, genetista alla Stanford University (California) che ha condotto uno studio pubblicato dalla rivista Trends in Genetics su come si sia modificato il patrimonio genetico e intellettivo del genere umano. Il responso non è confortante: i nostri giorni migliori sarebbero già passati.
Alla base del pensiero di Crabtree, racconta il Guardian, c’è un’idea molto semplice. Ancora prima dell’invenzione dell’agricoltura e della scrittura, quando l’uomo viveva ancora di ciò che riusciva a cacciare, chi compiva un passo falso semplicemente soccombeva alle dure leggi della natura.
Nel film Idiocracy le persone intelligenti si riproducevano sempre meno mentre coloro che avevano un QI molto basso si facevano meno scrupoli popolando il pianeta.
Ad andare avanti e a riprodursi erano i più forti e più intelligenti. Oggi però non è più così. Con tutta probabilità, la nostra forza intellettuale ha cominciato a calare proprio con l’invenzione dell’agricoltura e con il sorgere delle prime comunità stanziali.
Spiega Crabtree: “Un cacciatore che non riusciva a procacciarsi il cibo o un rifugio moriva insieme alla sua progenie, mentre oggi un funzionario di Wall Street che commette un errore concettualmente simile riceverà comunque un bonus finanziario e probabilmente verrà considerato un potenziale partner da più donne. La selezione estrema è una cosa che appartiene al passato”.
E quindi, in quale tempo si colloca l’apice dell’umanità? Crabtree non ha dubbi: dopo aver studiato il corredo genetico degli uomini nelle varie epoche, è emerso che l’uomo avrebbe subito numerose variazioni negli ultimi 3.000 anni: una spirale discendente che ha portato l’umanità verso un progressivo e ineluttabile istupidimento genetico nell’arco di 120 generazioni.
Non a caso, infatti, la storia incorona il tempo della Grecia classica come uno dei periodi più intellettualmente fecondi della storia dell’umanità, secoli che hanno fissato i cardini delle società occidentali moderne, fondamenti che si sono tramandati fino ai nostri giorni.
“Siamo una specie sorprendentemente fragile dal punto di vista intellettuale”, continua Crabtree, “e probabilmente abbiamo raggiunto il nostro picco di intelligenza tra i 6.000 e i 2.000 anni fa. È sufficiente che la selezione naturale diventi meno severa che subito il nostro patrimonio intellettuale si indebolisce”.
La tesi dello scienziato californiano potrebbe essere presto confutata da altri studi, tuttavia Crabtree chiude la ricerca con una nota positiva: anche se il nostre genoma sembra diventare ogni giorno più fragile, la nostra società può contare su un forte sistema di trasmissione delle conoscenze che, diversamente rispetto al passato, riesce a diffondere la cultura velocemente e in modo capillare.
“Entro 3000 anni da oggi, è probabile che tutti gli esseri umani saranno stati sottoposti almeno a due ulteriori mutazioni genetiche che ridurranno la stabilità intellettuale ed emotiva, ma è molto probabile che la scienza progredirà a tal punto da essere in grado di risolvere il problema”, ha puntualizzato il prof.
“Non c’è bisogno di immaginare un giorno in cui non potremo più comprendere il problema, o contrastare la lenta decadenza nei geni alla base del nostro benessere intellettuale, o di avere visioni della popolazione mondiale guardando tranquillamente le repliche su televisori che non si potranno più costruire”.
Il Prof. Robin Dunbar, antropologo dell’Università di Oxford, afferma: “Il Prof Crabtree, parte dal presupposto che la nostra intelligenza è progettata per consentire di costruire case e gettare lance dritte ai maiali nella boscaglia, ma non è quello il vero metro di giudizio del cervello”.
“In realtà, ciò che ha guidato l’evoluzione del cervello umano e dei primati è la complessità del nostro mondo sociale e quel mondo complesso non sta smantellandosi. Fare le cose che decideremo di fare per il nostro partner o il modo migliore per allevare i nostri figli saranno sempre e comunque con noi”.
“Personalmente non sono sicuro che in un prossimo futuro ci sarà qualche ragione per essere tutti colti dal panico. Il tasso di evoluzione delle cose richiede decine di migliaia di anni e senza dubbio l’ingegno della scienza troverà soluzioni a tale circostanza, se non saltiamo in aria prima”, conclude il Prof Dunbar.
Tratto da: IL SAPERE E’ POTERE
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