GLI SCONTRI CON LA MERKEL SULL’ACCOGLIENZA, GLI INCONTRI CON LA LEADER DI AFD (PARTITO CHE FA IL PIENO DI ISCRITTI TRA AGENTI DI POLIZIA E SOLDATI)
E POI IL CORTEO DI CHEMNITZ E LE SOFFIATE DEGLI 007 CHE HANNO PASSATO AI DIRIGENTI DELL’ULTRADESTRA INFORMAZIONI SENSIBILI SUL TERRORISMO ISLAMICO PER…
Barbara Ciolli per www.lettera43.it
L'estrema destra in Germania è una bomba a orologeria, non soltanto per la fragile terza Grande coalizione di Angela Merkel ma per l'intero Paese. I fatti inequivocabili di Chemnitz, nell'Est, hanno dimostrato quanta presa crescente possano avere tra la popolazione, in certe aeree, nuovi e vecchi movimenti xenofobi.
Ma il fatto più grave, a pochi giorni dalla caccia agli immigrati e dalle affollate manifestazioni neonazi nella cittadina, sono i legami ripetuti che stanno emergendo tra il sottobosco di gruppi, per Costituzione vietati dal Secondo dopoguerra, e l'apparato istituzionale delle forze dell'ordine, dell'intelligence e della magistratura tedesche.
L'ultimo scandalo di simili opacità, che fa vacillare l'esecutivo Merkel, è il declassamento dell'imbarazzante ex capo dei Servizi segreti interni (Bfs) Hans-Georg Maaßen ad advisor dell'altrettanto imbarazzante ministro degli Interni, e leader bavarese, Horst Seehofer. Il Matteo Salvini tedesco, o quasi.
L'AVVERSITÀ NEI CONFRONTI DEGLI IMMIGRATI
Ai vertici del Bfs dal 2012, quando fu necessario un ricambio per tacitare le accuse di negligenza e i sospetti di insabbiamento dell'intelligence tedesca sugli omicidi commessi per anni e anni dalle cellule clandestine di estrema destra Nsu con un covo proprio a Chemnitz, Maaßen era finito in un vortice di attacchi per aver messo fortemente in dubbio, in un'intervista al tabloid die Bild di questo settembre, l'autenticità di un video sulle violenze di Chemnitz contro gli stranieri, da parte di gruppi xenofobi.
Ma il capo degli 007 tedeschi era già spiccato, nel 2015, per aver criticato l'apertura della cancelliera Merkel a quasi un milione di richiedenti asilo della rotta balcanica, verso la Germania. E nel 2002, da allora funzionario del Ministero dell'Interno, per non voler rimpatriare un detenuto turco, nato e cresciuto in Germania dove era legalmente residente, ingiustamente rinchiuso e torturato dagli americani nel campo di Guantanamo.
GLI SCONTRI TRA MERKEL E MAASSEN
Sia l'intelligence Usa sia la tedesca avevano concluso che le accuse contro il detenuto Murat Kurnaz (rilasciato infine nel 2006 e rientrato in Germania dalla famiglia dopo anni di pressioni diplomatiche agli Usa da parte anche della stessa Merkel) erano infondate.
Ma Maaßen si appigliava al «permesso di residenza scaduto», un comportamento bollato allora come «disumano» anche dai vertici del ministero della Giustizia. La contrapposizione tra Merkel e Maaßen si è riproposta questo 2018: il filmato contestato dal medesimo era stato in precedenza giudicato più che attendibile dagli advisor della cancelliera, che infatti vi aveva fatto riferimento giorni prima proprio per condannare le violenze razziste di Chemnitz.
Con la polemica dell'intervista negazionista, le indiscrezioni di altri media come il magazine der Spiegel hanno portato alla luce i contatti di Maaßen anche con il movimento di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD). Maassen ha avuto centinaia di contatti informali con i partiti. Con l'estrema destra di Afd anche prima che entrasse in parlamento
GLI INCONTRI DI AFD CON MAASSEN
Per il suo lavoro, l'ex capo dei servizi interni è risultato aver avuto più di 230 contatti informali con politici, cinque dei quali con esponenti di AfD. Il punto è che lo ha fatto anche prima che il partito, con l'exploit alle elezioni del 2017, entrasse in parlamento.
Nel 2015 il movimento populista e con esponenti nostalgici del Terzo Reich era ancora ostracizzato dalla maggioranza dei tedeschi e dagli stessi partiti tradizionali, che hanno vissuto come uno choc l'ingresso dei deputati di AfD tra al Bundestag: nessun partito voleva sedersi accanto a loro all'apertura della nuova legislatura, nello scaricabarile i liberali della Fdp hanno dovuto fare buon viso a cattiva sorte.
Eppure, tre anni fa, Maaßen già si era incontrato due volte con l'allora leader del movimento, Frauke Petry. E nel mezzo ci sarebbe stata una visita del capo del Bfs al ministero dell'Interno regionale della Saarland che stava valutando di far attenzionare esponenti di AfD dai servizi.
LE SOFFIATE DEGLI 007 ALL'ESTREMA DESTRA
Non soltanto, in questi anni, sarebbero stati passati ai dirigenti di AfD, come probabilmente ad altri partiti, rapporti dell'intelligence sul pericolo del terrorismo islamico, prima della loro diffusione.
In tedesco i servizi segreti interni sono chiamati di Bundesverfassungsdiest, di difesa della costituzione: il loro compito è proteggere l'ordinamento democratico da attacchi e minacce eversive, anche e, soprattutto in passato, da parte di formazioni interne di estremisti.
L'obiettivo degli abboccamenti tra AfD e Maaßen sarebbe stato proprio orientare l'intelligence interna a essere più indulgente verso le forze politiche della destra radicale, concentrandosi viceversa a monitorare i movimenti della sinistra radicale extraparlamentare, oltre che sui gruppi religiosi islamici. In cambio, AfD si sarebbe impegnata a tenersi – almeno di facciata – alla larga da gruppi dichiaratamente revisionisti del nazismo.
IL RECORD DI ISCRITTI DELLE FORZE DELL'ORDINE IN AFD
L'etichetta di partito neonazista era una delle massime preoccupazioni di Petry, uscita infine da AfD proprio per la deriva, a suo dire, «nella destra troppo estrema». Da allora Maaßen aveva continuato a coltivare rapporti con i leader successivi di AfD, che, come riportato da Lettera43.it, alla tornata delle Legislative del 2017 ha avuto il record tra candidati e iscritti giudici e procuratori, agenti della polizia e soldati dell'esercito in congedo o in sospensiva.
In Germania – e non solo – l'estrema destra miete consensi negli ambienti delle forze dell'ordine, della sicurezza e della magistratura. L'ennesima conferma degli intrecci era stata, durante le calde manifestazioni di Chemnitz, l'allontanamento di una troupe televisiva tra un corteo xenofobo da parte di agenti della polizia, chiamati a intervenire da un loro collaboratore del sottobosco neonazi.
LA MONTATURA DEI SOLDATI NEO-NAZI CONTRO I MIGRANTI
Altri gravi scandali hanno di recente segnato l'apparato militare della Germania, divisa e smilitarizzata dopo la disfatta di Hitler. Nel 2017, in risposta a un'interpellanza parlamentare della sinistra radicale (Linke), il ministero della Difesa ha confermato oltre 430 soldati indagati per sospetta appartenenza o sostegno a gruppi xenofobi, alcune delle frasi trapelate dalle intercettazioni («spariamo ai negri fino a fargli saltare le teste») da parte del contingente in partenza per il Mali sono scioccanti.
Nell'intervista incediaria, Maaßen aveva lasciato intendere di sospettare montature dell'estrema sinistra o di chi è vicino ai richiedenti asilo sul filmati di Chemnitz, ma è certo invece, almeno in un'altra occasione, il contrario: sempre nel 2017, un soldato tedesco è stato scoperto a spacciarsi per un rifugiato in un centro-profughi in Germania; il piano, concepito con altri commilitoni di estrema destra, prevedeva falsi attentati da addossare agli immigrati.
Il ministro dell'Interno tedesco la pensa come l'ex capo dell'intelligence e lo ha protetto fino all'ultimo
LE ELEZIONI DEL PRIMO OTTOBRE IN BAVIERA
Durante la perquisizione, in mano al soldato neonazi sbucò anche una lista di target istituzionali da colpire, incluso il capo dello Stato. L'opposizione della Linke e dei Verdi hanno più volte richiamato il governo alla mano più dura contro queste frange.
Ma Merkel, che si è battuta invano per la messa fuorilegge del partito neonazista Npd – mai entrato in parlamento al contrario di AfD –, e la stessa ministra della Difesa Ursula von der Leyen, che ha duramente condannato le simpatie neonaziste nella Bundeswehr, possono poco: con i militari in questione, non di rado i comandi chiudono un occhio e AfD è ormai un partito integrato nella politica e nelle istituzioni democratiche.
Con le delicate elezioni regionali in Baviera del primo ottobre 2018 alle porte, la cancelliera ha ancor più le mani legate: l'ex governatore del Land Seehofer, che la pensa come Maaßen proteggendolo fino all'ultimo, è l'ago della bilancia e può staccare la spina alla Grande coalizione.
Fonte: qui
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