Svolta nellʼinchiesta sul Boeing 777 della Malaysia Airlines scomparso sullʼOceano Indiano lʼ8 marzo 2014 con 239 passeggeri
Il pilota del volo MH370, scomparso sull'Oceano Indiano l'8 marzo 2014 con 239 persone a bordo, "ha deliberatamente eluso i radar" e ha fatto precipitare l'aereo in una missione suicida che aveva da tempo pianificato. A sostenerlo è il team di inquirenti al lavoro sul mistero del Boeing 777 della Malaysia Airlines, i cui rottami sono stati invano cercati anche nelle profondità oceaniche.
Già nel 2016 dalle indagini era emersa l'ipotesi di un omicidio-suicidio di massa premeditato dal pilota. Un documento aveva rivelato infatti che il capitano, Ahmad Zaharie, un mese prima dell'incidente, aveva effettuato con un simulatore alcuni voli, tra cui uno con una rotta simile a quella che si ritiene abbia seguito il volo scomparso.
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IL PILOTA DEL VOLO MH370 VOLEVA SUICIDARSI SOPRA AL SUO PAESE NATALE
PER QUESTO, DOPO AVER FATTO SVENIRE I PASSEGGERI, L'AEREO FECE DUE MANOVRE APPARENTEMENTE IMMOTIVATE...(VIDEO)
Flavio Pompetti per “il Messaggero”
Svolta a sorpresa nel giallo dell' aereo di linea MH370 scomparso l' 8 marzo di quattro anni fa, poco dopo essere decollato da Kuala Lumpur alla volta di Pechino con 227 passeggeri a bordo.
Dopo anni di ricerche infruttuose e di indagini inconcludenti, la troupe del programma televisivo australiano 60 Minutes ha fatto una sua ricostruzione dell' accaduto, l' unica che sembra rispondere ai tanti interrogativi lasciati aperti dalla vicenda.
E il risultato di questa inchiesta televisiva è sorprendente quanto raccapricciante: quando il Boeing 777 si è inabissato nelle acque del Pacifico quel giorno, tutti i passeggeri e i membri dell' equipaggio avevano perso conoscenza per effetto della improvvisa depressurizzazione della cabina.
Tutti tranne uno, il capitano Zaharie Ahmad Shah, l' uomo che aveva attivato la depressurizzazione e che stava guidando il velivolo sulla rotta del suo suicidio, incurante del numero di vittime innocenti che trascinava con sé.
LE INDAGINI
La rete televisiva si è avvalsa della collaborazione dell' ex capo della sicurezza aeronautica australiana per giungere a questa conclusione, e a quelle di diversi altri esperti internazionali del settore.
Una simile squadra di investigatori aveva dovuto gettare la spugna l' anno scorso dopo una serie di falsi allarmi che indicavano il ritrovamento dei resti dell' aereo. Il programma televisivo ha accettato di mostrare la sua versione dei fatti sulla base di alcune di quelle supposizioni.
Zaharie sarebbe salito sull' apparecchio con la determinazione di ammazzarsi. L' ipotesi era stata ventilata durante le indagini a causa di problemi familiari, o come un gesto di vendetta dopo l' arresto del leader dell' opposizione in Malesia Anwar Ibrahim.
Nessun altra teoria se non quella della manipolazione della pressione potrebbe altrimenti giustificare perché nessuno dei passeggeri è riuscito a comunicare lo stato di allarme a bordo. Erano tutti svenuti e in stato di incoscienza.
DETTAGLI
Un altro dettaglio rafforza questa ricostruzione: dopo un' ora di volo, mentre l' aereo lasciava la costa malese, si è piegato sulla sinistra con due manovre immotivate, se non dal fatto che il finestrino del pilota poteva inquadrare la stessa immagine del paese natale di Zaharie: il villaggio di Penang.
Quello che in un primo momento era stato interpretato come un segnale di avaria, potrebbe essere stato l' ultimo addio del pilota suicida alla sua terra.
Uno dei misteri che ha assillato gli investigatori per anni è la scomparsa del velivolo dai radar, e la mancanza di dati comunicati dai trasponder.
Anche questo particolare ha ora una sua possibile spiegazione. Zaharie era un pilota esperto con 20.000 ore di volo alle spalle, e un simulatore casalingo con il quale si esercitava.
Avrebbe cavalcato ad arte la linea di confine tra un Paese e l' altro dopo aver disattivato i trasponder, così come si può vedere che ha fatto volando tra la Malesia e la Thailandia.
Una tecnica che permette di apparire a tratti alterni sui radar dei due Paesi, senza mai allarmare i radaristi.
Con questi strumenti di simulazione Zaharie avrebbe portato a termine la missione, prima di inabissarsi nelle acque del Pacifico, che non hanno mai restituito pezzi dell' aereo, e nemmeno i resti delle persone a bordo.
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