Jens Weidmann potrebbe diventare il prossimo presidente della Banca Centrale Europea. Tedesco, al momento è a capo della Bundesbank ed è considerato l’anti-Draghi.
L’anno prossimo è previsto un cambio vertice alla Banca centrale europea(BCE) e già monta speculazione su chi sarà successore di Mario Draghi. Tra tutti c’è il nome di un personaggio controverso che appare in continuazione: quello di Jens Weidmann, l’attuale presidente della Bundesbank, la banca centrale tedesca.
Non sarebbe una sorpresa se la nuova guida della BCE andasse alla Germania.
Dopo la nomina del ministro delle finanze spagnolo Luis de Guindos al ruolo di vicepresidente, in molti credono che ci siano maggiori probabilità che il prossimo presidente venga da un paese dell’Europa settentrionale per questioni di equilibrio. E se fosse così, la nomina di Weidmann è praticamente scontata.
Questo porta gli analisti a parlare di una prospettiva più aggressiva per la politica monetaria europea rispetto a quella portata avanti attualmente da Mario Draghi.
Questo porta gli analisti a parlare di una prospettiva più aggressiva per la politica monetaria europea rispetto a quella portata avanti attualmente da Mario Draghi.
Chi è Jens Weidmann? Carriera e idee di politica monetaria
Jens Weidmann può vantare un curriculum impressionante. Nel 2011 è diventato il presidente più giovane che la Bundesbank abbia mai avuto. In quanto tale, è membro del Consiglio direttivo della BCE da allora. Dal 2015 dirige anche il Consiglio di amministrazione della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI) a Basilea.
Durante sua carriera è passato anche per la Cancelleria federale tedesca e il Fondo Monetario Internazionale.
È quasi impossibile mettere in campo una politica monetaria adatta a tutti, in un’unione monetaria così eterogenea come quella della zona euro. Gli interessi di Germania e Italia, ad esempio, non potrebbero essere più divergenti sulle questioni relative al controllo dei tassi di interesse o all’acquisto di obbligazioni corporate o pubbliche.
Dall’introduzione dell’euro, gli interessi tedeschi sono stati per lo più dominanti, perché l’insieme di regole su cui la BCE si orienta corrisponde in sostanza alle regole secondo le quali la Bundesbank stava già lavorando ai tempi del marco tedesco.
Nell’Europa meridionale, tuttavia, questa politica è stata capace di esacerbare la crisi.
Nell’Europa meridionale, tuttavia, questa politica è stata capace di esacerbare la crisi.
Sotto Mario Draghi, la BCE ha esteso le sue vedute, in parte violando le volontà tedesche. Il tasso di interesse di riferimento è ai minimi pluriennali e la BCE immette 60 miliardi di euro nel settore finanziario ogni mese tramite il cosiddetto Quantitative Easing. Con il suo leggendario «whatever it takes», Draghi non ha lasciato dubbi sul fatto che in caso di emergenza avrebbe comunque salvato ogni stato in fallimento all’interno dell’unione monetaria.
Le critiche alla BCE mosse da Weidmann
In Germania, questa politica ha portato ad una serie di critiche da più fronti: la destra ha criticato il fatto che in questo modo si sia allentata la pressione a varare nuove riforme nell’Europa meridionale, la sinistra crede che i tassi di interesse bassi siano svantaggiosi per i pensionati e i piccoli risparmiatori.
All’unanimità, molti democratici criticano il fatto che il «whatever it takes» sia praticamente incompatibile con il principio della sovranità di bilancio dei parlamenti nazionali.
Nonostante le critiche, solo alcune delle élite economiche tedesche sono interessate al crollo dell’euro, proprio perché la politica monetaria della zona euro è fondamentalmente orientata verso gli interessi tedeschi.
Weidmann appartiene ai critici più accaniti della politica monetaria non convenzionale di Draghi. Già nel settembre 2011 ha preso le distanze dagli acquisti di obbligazioni della BCE. Inoltre ha criticato i prestiti di salvataggio dell’EFSF e dell’ESM. Nel settembre 2012 è stato responsabile dell’unico «no» del Consiglio direttivo della BCE all’acquisto illimitato di titoli di Stato.
Il futuro della BCE con Jens Weidmann presidente
In termini di politica monetaria, può essere visto come una specie di anti-Draghi, per anni in opposizione alla maggioranza del Consiglio e al presidente. Da sempre vuole mantenere più alta possibile la pressione sull’Europa periferica.
Può essere messo in dubbio il fatto che Jens Weidmann sia adatto alla carica di presidente della BCE: è quantomeno discutibile pensare che l’euro sarebbe ancora in piedi nella sua forma attuale qualora Weidmann fosse diventato presidente della BCE al posto di Draghi nel 2011.
D’altro canto, la situazione di oggi è diversa da quella del 2011. Anche con Draghi, la politica monetaria espansiva si sta gradualmente riducendo stiamo passando sempre più velocemente dalla modalità crisi alla modalità normale. I prossimi mesi mostreranno se le cose funzionano o meno.
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