9 dicembre forconi: Occidente. 11 trilioni di debiti ed il Convitato di Pietra.

lunedì 27 novembre 2017

Occidente. 11 trilioni di debiti ed il Convitato di Pietra.

Caravaggio. Davide con la testa di Golia

«Se non ci arrivi da solo, è inutile che te lo spieghi»


Nel suo discorso di Breslavia il buon Joseph Ratzinger aveva ammonito di guardarsi da “stregoni ed economisti”.

Difficilmente messaggio fu più chiaro e meno compreso.

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Il grande errore degli economisti e dei loro studi economici negli ultimi cinquanta anni consiste nel fatto di ritenere che il sistema economico occidentale sia l’unico di rilevanza sulla terra, per cui ciò che esso decide di fare diventa legge universale, cui tutti debbano sottostare.

La superbia è una gran brutta bestia: ottunde la mente dapprima deprivando della corretta percezione del reale, indi inficiando tutte le successive argomentazioni avendo assunto assiomi e presupposti fallaci.

Né è facile che il superbo rinsavisca: quando don Giovanni con il servo Sganarello incontro la morte la irride. Ma l’irrisione nulla toglie al potere della morte.

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Un tempo l’economia era una scienza fondata su argomentazioni non contraddittorie condotte su incontrovertibili dati di fatto.

Poi venne l’economia politica. Il dato di fatto, la prove empirica, divenne un fastidioso orpello, e le argomentazioni logiche un peso retrogrado, da oscurantismo. L’economia transitò gradatamente in economia politica, quindi in politica economica ed infine si arenò nella mera politica.

Ma pretendere che la politica sia una scienza e che sia logica sarebbe davvero troppo.

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Da un punto di vista meramente economico, se si considera il pil per potere di acquisto, il mondo ha generato nel 2016 108,036,500 milioni Usd, la Cina 17,617,300 (16.31%) e gli Stati Uniti 17,418,00 (16.12%). L’Eurozona rende conto di 11,249,482 (10.41%) ed il Gruppo dei G7 di 31.825,293 (29.46%). Però i Brics conteggiano un pil ppa di 32,379,625 Usd, ossia il 29.97% del pil ppa mondiale. I Brics valgono come i paesi del G7.

Di conseguenza, la voce dell’Occidente vale nel mondo al massimo per il 29.46%, ma quella degli Stati Uniti vale solo il 16.12% e quella dell’Eurozona uno scarno 10.41%.

La realtà è che i paesi afferenti il G7 rendono conto del 29.46% dell’economia mondiale: la loro voce vale quindi per un terzo del tutto.

Sono sicuramente una grande forza, ma non più di entità tale da condizionare tutto il globo.

Appare invece molto verosimile che sia il restante 70% dell’economia mondiale a condizionare la vita economica e sociale dell’Occidente.

«Nel mondo ci sono oltre 11mila miliardi di dollari in obbligazioni che esprimono tassi negativi»

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«Ovvero, titoli per cui il creditore anziché ricevere denaro per aver finanziato chi ha emesso il bond addirittura gli riconosce un tot, come se fosse una “commissione da parcheggio liquidità” o una tassa»

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«Sebbene nessuno abbia la sfera di cristallo …. Se questo trend continuerà nei prossimi 1.000 anni i tassi passeranno dall’attuale fase vicina allo 0 a -16%. »

Ma l’Occidente non è l’unico attore mondiale.

Vale al momento poco meno del 30% del’economia globale.

Il problema non è quindi “cosa farà l’Occidente“,

bensì “cosa faranno gli altri“.

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Noi non ci azzardiamo a fare previsione di qui a mille anni.

Constatiamo soltanto che, una volta rimosso l’obbligo politico a dover investire a tassi negativi, il risparmio fugge veloce e pimpante verso impegni produttivi. 

A nessuna persona sana di mente fa piacere pagare gli altri perché facciano il piacere di custodire il proprio denaro.

Quando poi la cifra raggiunge gli undicimila miliardi di dollari l’idea che i tassi negativi possano ancora durare a lungo sembrerebbe essere destituita di sano buon senso. Ed il restante 70% del’economia mondiale li accoglierebbe a braccia aperte.

Non a caso i vincoli politici sembrerebbero destinati a scomparire, ed anche a breve termine.

Leggiamoci il memento che segue, e traiamone lo logiche conseguenze.

– Il 20 gennaio 2017 si è insediato il Presidente Trump, che a novembre aveva conquistato 304 grandi elettori contro i 227 di Mrs Hillary Clinton.

– Il 7 maggio 2017 alle elezioni presidenziali francesi il partito socialista francese crolla dal 62% all’8%.

– Il 21 settembre 2017 Mr Macron conquista 22 su 171 seggi senatoriali.

– Il 24 settembre 2017 le elezioni federali politiche sanzionano la perdita di 153 deputati della Große Koalition: la Cdu crolla al 32.9% e l’Spd al 20.5%.

– Il 15 ottobre Herr Kurz trionfa alle elezioni austriache con il 31.6%, e l’Fpö raggiunge il 26.0%.

– Il 22 ottobre 2017 nella Repubblica Ceka il partito Ano consegue il 29.6% dei voti, mentre il Civil Democracy party crolla all’11.3% dei voti.

– Il 5 novembre 2017 alle elezioni regionali in Slovakia lo Smer, partito socialista del presidente Fico, ha perso il controllo di quattro delle sei regioni. Nelle elezioni politiche del 2012 aveva conseguito il 44.4% dei voti, il 28.3% in quelle del 2016, il 26.2% nelle regionali.

Liberal e socialisti ideologici, santi patroni delle teorie economiche che hanno improntato l’Occidente negli ultimi decenni, non occupano più posti di governo di una certa quale rilevanza. Hanno ancora gran parte della burocrazia e dei media, ma senza appoggio politico non si va molto lontano.


→ Sole 24 Ore. 2017-11-22. E se i tassi restassero ultrabassi per sempre?

Nel mondo ci sono oltre 11mila miliardi di dollari in obbligazioni che esprimono tassi negativi. Ovvero, titoli per cui il creditore anziché ricevere denaro per aver finanziato chi ha emesso il bond addirittura gli riconosce un tot, come se fosse una “commissione da parcheggio liquidità” o una tassa.

È probabile che nei prossimi anni la fetta globale dei “bond sottozero” diminuisca. Questo perché alcune grandi banche centrali hanno avviato un percorso di rialzo dei tassi (la Fed ha attuato tre strette dal 2015, la Bank of Canada una lo scorso settembre) e altre (esclusa la Bank of Japan, l’unica che difatti, monetizzando il deficit, sta con il Tesoro nipponico praticando una forma di “helicopter money” ) sono orientate lentamente verso questa direzione (la Bce ha annunciato recentemente che il piano di stimoli dovrebbe terminare a settembre 2018 e che nel 2019 si inizierà a parlare di rialzo dei tassi).

In ogni caso, se è vero quanto spesso ci ricorda il governatore della Bce Mario Draghi («i tassi resteranno bassi molto a lungo») c’è anche da mettere in cantiere l’ipotesi che l’attuale fase di tassi ultrabassi diventi strutturale. Una regola e non più l’eccezione, come siamo stati abituati a percepirla fino ad ora.

L’assenza di una scossa importante sul fronte tassi consoliderebbe un dato a dir poco incredibile: oggi i tassi di interesse (nella media tra breve e lungo periodo) sono i più bassi che la storia annoveri negli ultimi 5.000 anni di civilizzazioni.

Questo dato – elaborato da Bofa Merrill Lynch su dati di Bank of England, Global financial data e degli autori del libro «A history of interest rates» di Sidney Homer e Richard Sylla – ci racconta che il mondo in cui le banche centrali hanno affrontato l’ultima grande crisi globale (la bolla dei derivati subprime del 2007), ovvero pompando oltre 15mila miliardi di dollari di liquidità sui mercati finanziari, ha creato un effetto collaterale mai visto prima d’ora.

I tassi erano mediamente un po’ più alti di quelli attuali perfino a fine anni ’30, dopo il Grande crollo di Wall Street nel 1929 a cui seguì una profonda recessione. Non c’è confronto con nessuna era. I tassi riscontrati durante la prima dinastia dei Faraoni d’Egitto (3.000 a.c.) viaggiavano intorno al 20%. Su simili valori si attestavano anche durante il regno del re babilonese Hammurabi (dal 1792 a.C. al 1750 a.C). Nella Roma del primo annus domini il costo del denaro era al 4% mentre durante l’impero bizantino di Costantino si attestava al 12,5%.

I tassi di oggi sono persino più bassi di quelli registrati durante la seconda guerra mondiale (1,85%).

E il futuro che cosa riserva? Sebbene nessuno abbia la sfera di cristallo, ci si può (forse) affidare a uno studio di Paul Schmelzing della Bank of England – rilanciato da Pimco – che ha analizzato l’andamento storico dei tassi reali (al netto dell’inflazione). Negli ultimi 700 anni i tassi sono diminuiti di 1,6 punti base ad anno, ovvero dell’1,6% ogni 100 anni. Se questo trend continuerà nei prossimi 1.000 anni i tassi passeranno dall’attuale fase vicina allo 0 a -16%. Si tratta di numeri da Trivial Pursuit, più che da finanza.

Fonte: qui

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