Il primo ministro ungherese Viktor Orbán ha tenuto un accorato discorso lunedì 23 ottobre a Budapest, in occasione di una cerimonia per la festa nazionale magiara svoltasi davanti alla ‘Casa museo del terrore’. “Se si perdono libertà e indipendenza nazionale, allora si perde tutto” ha affermato tra gli applausi il premier, ricordando che “il regime sovietico aveva catapultato gli ungheresi un uno spazio senza storia”.
Contro il ripetersi di un tale terrore fisico e mentale, secondo Orbán “l’arma più potente è la memoria nazionale. Per questo ci siamo riuniti qua oggi“: riferimento al fatto che la casa museo fu prima la sede del Partito delle Croci Frecciate, poi quella del Partito Comunista.
“Nel 2002 – ha ricordato il premier ungherese – abbiamo riportato alla luce questo ricordo e l’abbiamo collocato in un museo qui nel cuore di Budapest, dell’Ungheria e dell’Europa, affinché possa sempre ricordare al mondo che la fame di libertà degli ungheresi non potrà mai essere soffocata. L’abbiamo voluto proprio qui, in un luogo così simbolico e centrale della nostra capitale, perché ricordasse anche a noi che se si perdono libertà e indipendenza nazionale, allora si perde tutto. Quella del 1956 fu una rivoluzione nazionale”. Il primo ministro ha quindi spiegato che devono essere gli ungheresi a difendere la propria libertà, perché nessun altro lo farà mai al loro posto.
“Nel 1956 questo Paese meraviglioso è emerso dal crepuscolo della repressione come noi abbiamo sempre desiderato avvenisse” ha dichiarato Orbán. “Quella rivoluzione era una rivoluzione nazionale. Tutti compresero in poco tempo che gli operai delle nostre fabbriche non erano proletari internazionali, ma semplicemente lavoratori ungheresi. Di quel momento ci ricorderemo sempre, finché un unico ungherese sarà in vita su questa terra!”. Dal primo ministro è giunto anche un monito chiaro: “Sottolineo che non solo commemoriamo ma soprattutto non dimentichiamo. Non ci dimenticheremo mai di coloro che ci erano nemici. Gli occidentali, anche se ammiravano la rivoluzione ungherese, non la capivano”.
“A Ovest non comprendevano perché lottassimo contro una forza numericamente tanto superiore che secondo i calcoli non avremmo mai potuto sconfiggere. Non capivano che noi lottavamo perché avremmo difeso strenuamente fino alla fine la nostra cultura e il nostro modo di vivere che non potranno mai venire sciolte in nessuna società multiculturale” ha affermato il capo del governo magiaro. “Noi pretendiamo che si abbia rispetto per ciò che eravamo e siamo, perché gli ungheresi hanno protetto i confini dell’Europa per mille anni, lottando per l’indipendenza della propria nazione. Siamo un popolo coraggioso e guerriero che sa bene che chi non è rispettato viene disprezzato da chiunque”.
Secondo Viktor Orbán “l’Europa è fallita”
“Per questo non ci capiscono oggi a Bruxelles, come non ci capivano a Ovest ai tempi della rivoluzione. L’impero speculativo finanziario comanda Bruxelles e anche vari stati membri. Nel 20° secolo erano i regimi militari a causare i guai, ora il pericolo sono i regimi finanziari aiutati dalla globalizzazione a sollevarsi. Non hanno confini ma possiedono i media mondiali e hanno comprato decine di migliaia di persone. Sono veloci, forti e brutali” ha aggiunto il premier. “Ora, dopo tre decenni, c’è una nuova minaccia contro quello che è sempre stato lo stile di vita degli ungheresi. Dopo la libertà del 1990, siamo di nuovo ad una svolta nella nostra storia”.
“Noi – ha detto Orbán – vogliamo un’Europa sicura, giusta, civile, cristiana e libera“. Secondo il Capo del Governo, in questo periodo ogni elezione è cruciale in Europa. Ora si decide se i popoli europei riprenderanno la direzione politica della loro vita nazionale libera dai vincoli dei burocrati europei alleati con le élite economiche. Ora si decide se riusciremo a ripristinare la nostra vecchia e magnifica Europa preesistente alla sostituzione etnica. Secondo il primo ministro, ancora tanti pensano che questo sia impossibile, ma anche prima del 1956, del 1988 e del 2010 molti non credevano nel cambiamento, eppure questo è avvenuto e per questo motivo lui si sente fiducioso.
“Quante persone avrebbero creduto, la mattina del 23 ottobre andando al lavoro con il tram, che alla sera al posto della statua di Stalin sarebbero rimasti solo due stivali? In quanti avrebbero creduto nel 1988 che nel giro di un anno avremmo sconfitto il comunismo e avremmo mandato via le truppe sovietiche dal nostro Paese? In quanti avrebbero creduto prima del 2010 che presto avremmo avuto una Costituzione nazionale, che difendesse la nostra cultura cristiana e le nostre famiglie? Credevamo che il sogno dei comunisti di trasformare noi ungheresi in ‘homo sovieticus’ non si sarebbe più ripetuto, ora invece le forze della globalizzazione vorrebbero trasformarci in “homo bruxellesicus”.
Secondo Viktor Orbán l’Europa Centrale è rimasta “l’ultima zona senza immigrati”. Il Primo Ministro ha espresso il parere che il collo dell’impero speculatore finanziario ha portato in Europa alla recente migrazione di un numero enorme di persone, provocando una nuova invasione di immigrati. “Hanno elaborato loro quel piano, per attuare il quale vorrebbero trasformare l’Europa in un continente misto” ha aggiunto. Secondo Orbán, la lotta per il futuro dell’Europa si concentra proprio a Est perché l’Europa Centrale è una zona senza immigrati. “Finché Bruxelles non ritroverà la propria sovranità, non si potrà dirigere il timone dell’Europa nella direzione giusta” ha detto il premier ungherese.
Riguardo alle elezioni del prossimo anno, Viktor Orbán è convinto che Fidesz, il suo partito, sia favorito, ma la scommessa è grande e “non possiamo prendere niente alla leggera”. La vittoria non è scontata per cui ci sarà bisogno di tutti e sarà necessario prepararsi nei prossimi mesi: “Ad aprile vinceremo di nuovo, nessuno può dire che sia impossibile”. Tra i punti principali del programma, lo stop all’immigrazione, un freno alla globalizzazione, la creazione di una nuova Europa stoppando la troika di Bruxelles e una bocciatura del progetto degli speculatori finanziari. “Serve che nell’Europa Centrale i polacchi, i cechi, gli slovacchi, i rumeni e gli ungheresi uniscano le loro forze”.
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