MARIO PENNACCHI: “IL PARTIGIANO PERTINI NON HA IMPOSTO IL BAVAGLIO AI NOSTALGICI E LO FA OGGI FIANO! SONO GLI ATTEGGIAMENTI DI CHI RITIENE CHE IL GIUSTO SIA CIÒ CHE PENSA LUI.
BISOGNA PUNIRE LE AZIONI, NON LE PAROLE. SE QUALCUNO VA A UNA MANIFESTAZIONE PER MENARE, ALLORA CHIAMI MINNITI E LO FAI GONFIA' DE BOTTE…”
PENNACCHI
«Pennacchi, è pronto per l' intervista?». «No». «Come no? Avevamo fissato un appuntamento...». «Richiamami tra cinque o sei minuti, devo fini' la sigaretta». A Latina hanno tirato su una città da una palude, lottando metro dopo metro con gli acquitrini, le zanzare, la malaria, non hanno tempo per i convenevoli. Se quella storia è divenuta un' epopea, questo lo dobbiamo in larga parte ad Antonio Pennacchi e al suo Canale Mussolini, ma anche a Fascio e martello, il saggio con cui, qualche anno fa, si mise in testa di rintracciare ogni singolo borgo o città sorto dal nulla durante il fascismo.
EMANUELE FIANO
Ne trovò circa 150. Canale Mussolini, malgrado il nome ingombrante nel titolo, vinse il premio Strega, il premio Acqui Storia, il premio Libro dell' anno del Tg1 e fu finalista al premio Campiello. Cinque o sei minuti dopo, gli chiediamo cosa pensa dell' attuale dibattito sul fascismo e antifascismo.
Cosa pensa della legge Fiano all' esame delle Camere? Serviva una norma contro la propaganda fascista, oggi?
«Penso che sia una legge antidemocratica. Non vorrei citare la conosciutissima frase attribuita a Voltaire, ma è quella l'essenza della democrazia pluralista. La democrazia non può essere intesa come dittatura della maggioranza, ma è innanzitutto difesa delle minoranze, come sancisce la Costituzione stessa. Ci deve essere libertà di pensiero e di parola».
C'era, secondo lei, l'urgenza di legiferare su questi argomenti?
«Secondo me no, anche perché questa legge arriva a 70 anni da quei fatti storici.
PENNACCHI
Certe cose non sono passate per la testa nemmeno a quelli che la resistenza antifascista l'avevano fatta per davvero. Ora, io dico, se 'ste cose non sono venute in mente a Sandro Pertini, a Luigi Longo, ad Adriano Ossicini, perché adesso, 70 anni dopo, noi dobbiamo essere più antifascisti delle brigate partigiane? Mi pare fuori luogo».
E invece dell' idea di cancellare la scritta inneggiante a Benito Mussolini sull'obelisco al Foro Italico che ne pensa?
«È 'na stronzata. Lo andassero a chiedere pure al ministro dei Beni culturali, quel bene è protetto da vincolo. E poi ripeto: ma se non è venuto in mente a Pertini, perché deve veni' in mente a te 70 anni dopo? Lasciamo perdere, le cose stanno là, punto e basta. E allora perché non togliamo le varie vie Umberto I in giro per l' Italia, dato che quel re fu responsabile di eccidi come quello di Fiorenzo Bava Beccaris contro la folla milanese?».
EMANUELE FIANO
La proposta del Pd è bocciata in pieno, insomma.
«E poi, parliamoci chiaro non è un problema reale. Non mi pare che questa insorgenza fascista sia un problema vero. Il Paese ha altri problemi, affrontassero quelli».
Sta di fatto che l' Italia continua a fare i conti col fascismo. E spesso non tornano.
«Guardi, al Ventennio fascista sono legati aspetti cruciali e buchi neri della nostra storia. Fu una dittatura, represse ogni minoranza e ogni pensiero divergente, poi pensiamo alle leggi razziali, alle politiche d'aggressione, alle guerre tragicamente perse. Il giudizio complessivo non può che essere negativo, è chiaro. Ma in 20 anni non le possono aver fatte tutte sbagliate, no? Tra le cose positive c' era la costruzione di uno stato sociale in Italia, la modernizzazione del Paese, le bonifiche. Quello che siamo nasce, nel bene e nel male, da tutto ciò che siamo stati».
OBELISCO MUSSOLINI FORO ITALICO
Lei ha studiato il fenomeno delle città di fondazione. Nelle cose positive del fascismo c' è anche quell' aspetto, no?
«Ma l'architettura fascista nel suo complesso è stata un elemento estremamente positivo. Noti bene l'aporia: in quell' architettura l' elemento propulsore principale è stato determinato dagli architetti ebrei fascisti. Penso a Vittorio Ballio Morpurgo, a Giuseppe Pagano, a Mario Tufaroli Luciano, a Concezio Petrucci, che sposò l'ebrea tedesca Hilde Brat. Questi sono gli architetti che hanno costruito Pomezia, Aprilia, Segezia, Fertilia.
Camillo Barany, che fa le bonifiche prima a Isola sacra, a Roma, poi a Mussolinia (oggi Arborea, in Sardegna) e a Littoria e infine muore volontario in Abissinia, era ebreo. L'ebraismo italiano partecipa alla costruzione del fascismo e poi dal fascismo viene tradito e messo al bando. Queste sono le aporie dolorose del fascismo».
Pezzi di storia che non tutti conoscono.
«Queste sono le cose che andrebbero raccontate ai giovani, senza vietare alcunché.
In molte persone che si rifanno al fascismo si riscontra una grande ignoranza, a cui però non si può rispondere con altra ignoranza, negando anche le cose positive che ci sono state. Si risponde con una visione complessiva della storia».
MUSSOLINI
La mania iconoclasta dei vari Fiano, secondo lei, si giustifica alla luce di cosa? È un' operazione «comunista», quella che stanno facendo? È roba «antifascista»? Oppure di che si tratta?
«No, è roba che sta su un piano antropologico, punto e basta. Sono gli atteggiamenti di chi ritiene che il giusto e il bene collettivo si identifichino con ciò che pensa lui. Ma non è così. Altra cosa sono i comportamenti, ovviamente».
Punire le azioni illegali ma lasciare in pace le idee, insomma.
«Esatto. Lo Stato deve reprimere i comportamenti violenti. Se qualcuno va a una manifestazione per menare, allora tu chiami Marco Minniti e lo fai gonfia' de botte dalla polizia, su questo non si discute. Il tentativo di imporsi con la violenza da parte di ipotetici fascisti andrebbe represso, se ci fosse, ma non c'è, nella realtà. Per il resto, il diritto delle persone di pensarla come vogliono, e anche di salutarsi come vogliono, di fare i riti funebri che preferiscono, tutto questo va lasciato e garantito».
MUSSOLINI
Per concludere: noi oggi ci stiamo ancora facendo delle domande sul lascito del fascismo...
«No, te lo stai a domanda' tu, io non me domando proprio niente, so' passati 70 anni».
Riformulo: alcuni politici si stanno ancora interrogando sul lascito del fascismo dopo 70 anni. Ma tra 70 anni, i posteri avranno qualcosa su cui interrogarsi, rispetto a ciò che lasceremo noi?
«Ma che cazzo ne so io».
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