9 dicembre forconi: CHI E’ FABRIZIA DI LORENZO, LA DONNA ABRUZZESE DISPERSA DOPO L’ATTENTATO COL TIR AL MERCATINO DI NATALE

mercoledì 21 dicembre 2016

CHI E’ FABRIZIA DI LORENZO, LA DONNA ABRUZZESE DISPERSA DOPO L’ATTENTATO COL TIR AL MERCATINO DI NATALE

IL PADRE: “ABBIAMO CAPITO CHE E’ FINITA” - LA 31ENNE LAVORAVA IN GERMANIA PER UN’AZIENDA DI TRASPORTI - SU TWITTER DOPO IL REFERENDUM HA SCRITTO A RENZI CRITICANDO “L’ITALIA DEI DINOSAURI” 

Paolo G. Brera e Corrado Zunino per la Repubblica
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«Amare il proprio lavoro è la più perfetta forma di felicità sulla terra», scriveva Fabrizia Di Lorenzo su Twitter. La casa a due piani alla periferia di Sulmona, ora, ha le luci spente. Il giardino dove Fabrizia cenava in estate è sotto una brina gelata. La madre Giovanna e il fratello Gerardo subito, dopo qualche ora anche il padre Gaetano, sono saliti a Berlino.

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Sull’asfalto della Breitscheidplatz, dove Fabrizia era andata a cercare i regali di Natale per la famiglia, la polizia ha trovato il suo cellulare e l’abbonamento per la metropolitana di Berlino. Prima di decollare il padre Gaetano, impiegato alle Poste, caldarrostaio per arrotondare lo stipendio, aveva detto: «Abbiamo capito che è finita». Il Dna, prelevato dal telefonino e dalla tessera, dirà tutto quello che serve. Per ora è dispersa.

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Quando scriveva del “lavoro felice” aveva appena preso un master in tedesco alla Cattolica di Milano, “comunicazione economica”. Dopo la laurea triennale alla Sapienza di Roma, mediazione linguistica. E la magistrale a Bologna, relazioni internazionali. In Germania l’aveva trovato subito, il lavoro. Arrivata nel 2013 inoltrato, nei primi mesi del 2014 era già assunta alla Bosch, trasporti.

Gli amici di Sulmona, il direttore del giornale online Berlino Magazine per cui Fabrizia scrisse cinque articoli, ma soprattutto il profilo Twitter personale raccontano di una ragazza di straordinaria generosità, caparbia ed entusiasta. Subito dopo il liceo linguistico, lasciò il quartiere di Arabona, area depressa cresciuta sopra uno dei tanti crateri dei terremoti dell’Italia centrale. Con pochi soldi visse a Roma, poi a Bologna e «nel freddo e nel gelo di Milano » (un altro tweet).
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Studiando e appilando esami, voti. Laureata e ben specializzata, Fabrizia è salita a Berlino. Forte di tre lingue scritte e parlate, con il tedesco che poteva spendere come “conoscenza professionale completa”, e accompagnata da alcune amiche che ha frequentato fino alle ultime ore. Dieci anni fa aveva realizzato l’esperienza cardine della sua generazione: l’Erasmus all’estero. Alla Libera Università di Berlino.

La biografia dell’ultima ragazza italiana emigrata, Fabrizia Di Lorenzo, 31 anni compiuti il 23 agosto scorso, ricorda da vicino quella di Valeria Solesin, 28 anni, uccisa al Bataclan 13 mesi fa. Valeria, di Venezia, viveva a Parigi inseguendo un dottorato in Demografia. Studiava le donne e i loro diritti, era un volontario per Emergency: «Leale, onesta e partecipe », l’ha raccontata Cecilia Strada. «Pulita, entusiasta e colta », dice ora di Fabrizia il direttore di Berlino Magazine Andrea D’Addio.

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«Collaborò gratis fino a quando il lavoro non la costrinse a fermarsi». Pezzi sul dissidente cinese Al Weiwei, ma anche roba di servizio: dove si mangia all’Università Humboldt, pizzerie, sushi giapponesi, chioschi di kebab. «Voleva scrivere di politica internazionale, conosceva il tema dei fenomeni migratori e credeva che il terrorismo si sconfiggesse con l’inclusione». Citava spesso Bauman, a proposito.

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Da ragazza pratica, Fabrizia aveva trovato lavoro nella logistica. Dopo la Bosch, l’azienda 4Flow. «Era entusiasta di tutto, voleva continuare a crescere lassù », racconta in piazza l’amica psicologa. Un tweet dei tempi italiani, scanditi dallo studio, diceva: «Berlino sempre avanti: i free shop per un’economia sostenibile ». Era già “Fräulein F”, online. Anche perché, arrivata lassù, lei che amava Capossela e i Cccp, attaccava Berlusconi e si situava tra il Pd e Vendola, avrebbe scritto: «Ricordarsi perché sono all’estero, ogni sera alle 20 tg1». Il traffico di Roma e i ritardi di “Trenitaglia” erano i suoi incubi.

Fonte: qui

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