9 dicembre forconi: A MILANO UN RIFUGIATO 32ENNE DELLA COSTA D’AVORIO HA AGGREDITO UNA STUDENTESSA DI 18 ANNI ALL’USCITA DI UN LOCALE

martedì 8 ottobre 2019

A MILANO UN RIFUGIATO 32ENNE DELLA COSTA D’AVORIO HA AGGREDITO UNA STUDENTESSA DI 18 ANNI ALL’USCITA DI UN LOCALE

L’UOMO HA VISTO LA RAGAZZA CHE SI ERA PERSA E PARLAVA AL TELEFONO CON UN’AMICA, L’HA SPINTONATA A TERRA, L’HA BLOCCATA, LE SI È MESSO A CAVALCIONI SOPRA CALANDOSI I PANTALONI E HA CERCATO DI VIOLENTARLA 
MA LA GIOVANE È RIUSCITA A…

Andrea Galli per "www.corriere.it"

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In una tasca anteriore dei pantaloni, i carabinieri hanno trovato l’iPhone di colore giallo oro che poco prima aveva rubato a una studentessa liceale di diciotto anni, appena uscita dal locale «Geko23» in via Brembo, a poca distanza dalla Fondazione Prada. Ma c’è altro, molto altro.

La presa del telefonino è stato l’ultimo atto dell’aggressione compiuta nella notte tra sabato e ieri da Mamadou T., un 32enne con residenza ufficiale in un dormitorio, quello di via San Giovanni alla Paglia, nella zona di Porta Venezia, disoccupato e dal primo agosto dell’anno scorso in possesso d’un permesso di soggiorno rilasciato per motivi umanitari.
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L’uomo, originario della Costa d’Avorio, alle 2.30, in via Adamello, ha incrociato la ragazza, che era sola, si era persa e parlava al telefonino con un’amica, e l’ha spintonata a terra, l’ha bloccata, le si è messo a cavalcioni sopra calandosi i pantaloni, e ha cercato di stuprarla, trovando ogni volta la ferma opposizione della 18enne, fin quando il balordo ha deciso di arraffare il cellulare e scappare via.

Ancora una volta, a Milano è andata miracolosamente bene. La ragazza si è salvata, pur al netto di uno stato di choc e di una paura che chissà quanto dureranno, e il balordo è stato catturato. Decisiva la memoria della stessa studentessa, che alla prima pattuglia del Nucleo radiomobile intervenuta e prontamente in allerta — lei camminava con atteggiamento «strano» e piangendo — ha parlato di un tipo sul metro e ottanta d’altezza, muscoloso, vestito di nero, con i capelli rasati ai lati e con una cresta nel mezzo della testa.
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L’avvio della ricerca, con l’ausilio di altre pattuglie di carabinieri, ha permesso di trovare Mamadou T. in via Orobia all’angolo con via Vezza d’Oglio, non lontano. L’ivoriano avanzava tranquillo, come se niente fosse successo, forse convinto che la ragazza fosse talmente terrorizzata da non avere la forza di chiedere aiuto e indirizzare gli investigatori. Trasferito in galera a San Vittore su ordine del sostituto procuratore Luigi Furno, vedremo ora le prossime decisioni della giustizia.
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Due settimane fa, sempre da queste parti, un nigeriano, appena uscito di prigione dopo aver — due giorni prima soltanto — cercato di uccidere un clochard davanti alla stazione Centrale, aveva braccato la ex e l’aveva ferita al collo con una bottiglia rotta. Le sue intenzioni erano quelle di assassinarla. Sarà soltanto una coincidenza geografica, ma rimane un dato oggettivo.

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Ciò detto, torniamo a Mamadou T., che ha provocato alla ragazza ferite a una mano, alle ginocchia e alla fronte, tutte subito medicate al Policlinico e non gravi. Secondo quanto appreso in Procura, la studentessa ha messo a verbale che mentre stava appunto camminando, ha visto quest’uomo che la inseguiva, più e più volte gli ha detto d’allontanarsi, quello se n’è fregato, e improvvisamente la ragazza si è trovata a terra, buttata sull’asfalto dal balordo.

Pur «angosciata», anche per il fatto che «era molto, molto più forte fisicamente di me», si è messa a urlare, ha scalciato, l’ha respinto con le mani e le gambe, si è divincolata, lui l’ha ripresa, di nuovo si è sottratta, Mamadou T. le ha sfilato l’iPhone e se n’è andato, in direzione di via Lorenzini.
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Non c’erano complici nei dintorni per prendere in «custodia» il rifugiato politico e farlo sparire; lo stesso non s’è per esempio acquattato sotto una macchina il tempo necessario di sottrarsi a un’eventuale ricerca delle forze dell’ordine, e non si è nascosto in un angolo buio. Sicuro che tanto non l’avrebbero mai cercato e men che meno stanato.

Fonte: qui

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