“Le 53.000 immissioni in ruolo previste sono del tutto insufficienti e ora il rischio è che la crisi di governo paralizzi tutto e non faccia uscire il decreto sui concorsi straordinari”.
Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, fa il punto della situazione scolastica italiana sconvolta come tutto il resto dalla crisi di governo. Una crisi dagli esiti incerti e che non può non destare preoccupazione tra gli operatori della scuola e i loro rappresentanti sindacali
Rino Di Meglio, partiamo dal contratto. Gli impegni presi con voi il 24 aprile scorso, dal governo in crisi, rischiano di saltare…
“Non ci sono novità. È tutto in sospeso perché se le risorse non vengono inserite nella legge di bilancio salta tutto. Eravamo d’accordo con le altre organizzazioni sindacali di vederci alla riapertura dell’anno scolastico per iniziare azioni di mobilitazione. Lo faremo lo stesso, governo o meno, perché il contratto è scaduto e la situazione economica dei nostri insegnanti è sotto gli occhi di tutti”
Intanto procedono le operazioni che porteranno alle immissioni in ruolo decise dal governo. Sono sufficienti per il momento?
“Le immissioni non sono sufficienti per colmare i vuoti di organico. Peraltro, abbiamo concordato con il governo la procedura per istituire i Pas straordinari perché i concorsi non sarebbero stati sufficienti a colmare, appunto, i vuoti di organico. I Pas sono un meccanismo che serve a arrivare all’abilitazione. Ci sono delle polemiche, per i docenti di ruolo che vorrebbero parteciparvi. Si risente della mancanza di un meccanismo normale, ordinario per conseguire l’abilitazione. C’è da dire che la politica ha impallato le procedure concorsuali per cui non è possibile avere concorsi ordinari. La struttura dei concorsi ordinari si è inceppata. È necessario ripristinarla ma occorre prima sistemare la situazione di chi è stato utilizzato oltre i termini previsti dalle norme comunitarie. Non possiamo lasciare che gli insegnanti invecchino da precari. Poi occorre rimuovere gli ostacoli che bloccano i concorsi”.
Quali sono?
“Uno è il problema delle commissioni. Il ministero non dà l’esonero dal servizio, il compenso è irrisorio e quindi i docenti chiamati a fare i commissari si trovano a lavorare in condizioni impossibili. Tutti sanno quanto sia impegnativa la scuola e come risulti impossibile conciliare l’attività di insegnamento con quella di commissario al concorso”.
E questo incide in maniera determinante sull’efficienza delle procedure dei concorsi?
“Sì, certo. Le procedure dovrebbero durare un anno e invece durano due o tre anni, proprio perché non si trovano i commissari. E quando li trovano, questi commissari vanno a rilento con il lavoro. Uno può dedicare tre ore al giorno al concorso, se contemporaneamente lavora a scuola. L’amministrazione periferica del Miur, inoltre, è ridotta allosso. Alcuni Uffici scolastici sono ridotti a cinque, sei dipendenti”.
Le classiche nozze con i fichi secchi, par di capire
“Abbiamo cambiato governi di vario colore, ma le cose sono peggiorate. Un po’ come nella sanità: sta succedendo la stessa cosa. In Veneto il governatore della Regione ha chiesto l’assunzione straordinaria di 500 medici. Comunque le 53000 immissioni in ruolo previste sono del tutto insufficienti e ora il rischio è che la crisi di governo paralizzi tutto e non faccia uscire il decreto sui concorsi straordinari”
La scuola in molte parti del Paese fa i conti con lo spopolamento, con forti ricadute sulla collocabilita dei docenti. D’altra parte molti posti di tempo pieno finanziati dal governo sono stati restituiti perché molti collegi deindocenti, ad esempio in Sicilia, hanno bocciato il tempo pieno. Qual è la sua opinione in merito?
“Lo spopolamento è ora arrivato al Sud ma al Nord è già avvenuto da tempo. Io stesso ho assistito al ridimensionamento della mia scuola, che aveva mille alunni e che ora ne conta solo duecentocinquanta. Il fenomeno è collegato al benessere, che porta alla diminuzione del numero dei figli. Io sono stato il primo di nove figli, ora nessuno ne farebbe così tanti. Ovviamente la situazione di povertà del Sud acuisce il problema e gli stessi immigrati si spostano al Nord. Quanto al tempo pieno me lo aspettavo. Non credo che sia dipeso dai docenti che lo avrebbero bocciato ma dai Comuni. Non bastano i posti: è necessario che gli enti locali, in questo caso i Comuni, facciano la loro parte, ma non hanno risorse. Poi c’è la questione sociologica legata al fatto che dove i genitori lavorano il tempo pieno è richiesto, a differenza delle realtà dove il lavoro manca e dove i genitori preferiscono tenersi i bambini a casa e la mentalità è diversa”
Non mancano situazioni paradossali oltre che gravi. Ad esempio, in Molise il numero delle nomine in ruolo è di gran lunga inferiore al contingente attribuito dal ministero, tanto che circa 90 posti disponibili per le scuole secondarie di I e II grado non sono stati attribuiti perché non ci sono graduatorie da cui attingere. In provincia di Campobasso, in particolare, nessuna assunzione è avvenuta per le classi di concorso A026 e A027 (Matematica e Matematica e fisica alle superiori), nonostante la disponibilità di 15 posti per le immissioni in ruolo. Stessa situazione per quanto riguarda Scienze e tecnologie Informatiche: nessuna immissione a fronte di 11 posti disponibili. E per le materie di Laboratorio delle scuole superiori 23 posti risultano ad oggi vacanti.
“Il problema di base è rappresentato dalle basse retribuzioni. Chi ha competenze scientifiche di quel tipo sceglie di svolgere altri lavori. Un buon ingegnere ne trova tanti di lavori, fuori dalla scuola. Anche le università non riescono a produrne a sufficienza, c’è un problema nella programmazione universitaria”.
Scusi, ma come fanno i ragazzi ad avere un buon professore di matematica?
“Questa è una bella domanda. Ma è un quesito a cui deve dare risposta chi governa la scuola italiana. O trattano decentemente i docenti oppure diventa inevitabile ritrovarsi senza insegnanti. Lo stesso problema si ripropone in Inghilterra, dove li stanno importando dall’India. Lì sono facilitati dalla lingua”
E noi, per motivi di lingua, non possiamo importarli neppure dall’India. Una soluzione era stata tentata con il progetto di regionalizzazione con annesso, presunto, aumento di stipendio.
“La regionalizzazione dell’istruzione non è una buona cosa. E non sono certo i cento euro in più che possono risolvere i problemi”.
Che idea si è fatta del nuovo esame di Stato?
“Ho già contestato le novità riguardanti la seconda prova dell’esame di Maturità e il colloquio. Dal cilindro di viale Trastevere è saltata fuori la doppia materia per la seconda prova scritta, una bidisciplinarietà dai tratti confusi che non ha di certo agevolato gli studenti. Per non parlare, poi, della prova orale, con l’introduzione di una sorta di ‘argomentone’, una sorta di chiacchierata da bar. Singolare, inoltre, il sistema delle tre buste tra le quali i candidati dovevano pescare quella contenente lo spunto per l’inizio del colloquio. Peraltro, introdurre modifiche così profonde a metà anno scolastico è del tutto scorretto perché il lavoro che gli insegnanti devono svolgere per preparare gli studenti ad affrontare la maturità si fonda su un percorso complesso e articolato che va progettato fin dall’inizio dell’anno scolastico, non di certo a gennaio. Gli insegnanti sono stati comunque costretti a improvvisare cambiamenti di programmazione avendo a disposizione un periodo di tempo del tutto insufficiente, e non si possono cambiare le carte in tavola a gioco iniziato, dando indicazioni pochi mesi prima dell’esame su come prepararsi ad una prova che tiene conto del lavoro di tre anni. La scuola deve smettere di essere terreno di sperimentazioni continue senza capo né coda”.
A proposito di novità, ora tocca all’Educazione civica. Che cosa ne pensa?
“Non è modo, questo, di insegnare l’educazione civica, prendendo insegnanti a casaccio. Mentre abbiamo quelli qualificati, si stabilisce una procedura macchinosa che scarica tutto sul collegio dei docenti. Fonte: qui
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