TRA QUESTE LA PIÙ INGUAIATA (CON 150 MILIARDI) È “DEUTSCHE BANK”
LA TRAMA DEL THRILLER FINANZIARIO DELL’ANNO PORTA AL CREMLINO E AL CUGINO DI PUTIN, CHE IN QUELLA FILIALE AVREBBE AVUTO UN CONTO DOVE AVVENIVANO “PAGAMENTI SOSPETTI”
Si allarga lo scandalo Danske Bank, dieci banche coinvolte nel riciclaggio
Angelo Mincuzzi per “il Sole 24 Ore”
Almeno dieci banche sarebbero coinvolte nel riciclaggio dei 230 miliardi di euro transitati tra il 2007 e il 2015 dalla filiale estone della Danske Bank. Lo scandalo sfiora gli Stati Uniti e otto paesi dell' Unione europea ed è probabile che i fondi ripuliti siano finiti non solo negli States ma anche in molti stati membri della Ue.
Tra l' 80 e il 90% dei fondi, inoltre, sarebbero stati riciclati in dollari servendosi delle banche corrispondenti negli Stati Uniti. E per nascondere i reali beneficiari delle transazioni sono state utilizzate particolari società scudo domiciliate in Gran Bretagna.
Howard Wilkinson, il whistleblower da cui tutto è partito e grazie al quale è stato scoperchiato il più grande scandalo di riciclaggio bancario in Europa, ha dipinto ieri un quadro inquietante della vicenda Danske Bank, di cui è finora emersa solo la punta dell' iceberg. Lo ha fatto davanti al Parlamento europeo mostrando due slide in cui ha riassunto le dimensioni del fenomeno.
Nella prima ha indicato (senza fare nomi) le dieci banche coinvolte nel riciclaggio. Si tratta di quattro banche che operano in Russia: due istituti moscoviti, la filiale di una banca europea e la filiale di un istituto bancario statunitense. Tre altre banche sono entità della Danske Bank: la casa madre in Danimarca e le filiali in Estonia e in Lituania.
Finora era merso solo il coinvolgimento della filiale estone mentre adesso Wilkinson chiama in causa anche la Danske Bank danese e la sua filiale lituana. Infine ci sono tre banche corrispondenti negli Stati Uniti: si tratta di una banca europea e di due americane. Fonti vicine alle inchieste aperte in diversi paesi hanno individuato i tre istituti nella Deutsche Bank, nella JpMorgan Chase e nella Bank of America.
A questo proposito ieri Sylvie Matherat, membro dell' executive board di Deutsche Bank, ha precisato che, in qualità di banca corrispondente, «i nostri controlli sono limitati perché non abbiamo accesso alla base dei clienti». Tuttavia - ha aggiunto - i controlli esistono e «quando temi che qualcosa non vada, devi segnalarlo con un rapporto e questo è ciò che abbiamo fatto».
La banca tedesca ha lavorato otto anni con la Danske Bank, ha confermato Matherat, ma i rapporti commerciali sono stati interrotti nel 2015 in seguito alla scoperta di attività controverse. Deutsche Bank avrebbe gestito circa 150 miliardi di euro in otto anni provenienti dalla filiale estone della Danske Bank ma - ha aggiunto il manager - la banca tedesca gestisce ogni giorno transazioni per 400-450 miliardi di dollari.
Davanti agli europarlamentari, Wilkinson - che ha diretto il dipartimento trading della Danske Bank estone dal 2007 al 2014 - ha mostrato un' altra slide in cui ha indicato i paesi europei toccati dallo scandalo: Estonia, Danimarca, Lituania, Gran Bretagna, Lettonia e Repubblica Ceca. A questi se ne aggiungono altri due (non menzionati) che sono i paesi di orgine di due banche europee coinvolte: la filiale russa di un istituto della Ue e la filiale statunitense di un altro istituto europeo (quest' ultima è la Deutsche Bank, sulla prima non ci sono indicazioni). Uno dei due paesi è dunque la Germania.
Ma Wilkinson si è anche soffermato sul ruolo delle Limited liability partnership (Llp) inglesi e delle Scottish libility partnership (Slp) scozzesi, le entità utilizzate dai russi per riciclare il denaro. «Il ruolo del Regno Unito - ha detto Wilkinson - è un' assoluta vergogna: le partnership a responsabilità limitata e le partnership scozzesi sono state sfruttate per anni». Su questo fronte sta indagando anche la National crime agency del Regno Unito, per identificare i beneficiari reali delle società scudo domiciliate in Gran Bretagna.
Soldi sporchi di Danske anche Deutsche Bank lavorava per Putin
Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
(…) La trama porta dritto dritto al Cremlino, in particolare al cugino di Vladimir Putin, Igor Putin, e ai vertici dei servizi segreti del FSB. Mosca smentisce, ma secondo il quotidiano, Igor Putin avrebbe avuto un conto presso la filiale estone di Danske, dove sarebbero avvenuti "pagamenti sospetti".
C' è persino un coté italiano nella vicenda: il Banco di credito cooperativo si allarmò nel 2013 per sospetti pagamenti che provenivano da Danske e finivano nelle tasche dell' ex eurodeputato Luca Volontè. L' origine dei flussi era l' Azerbaigian e un governo ansioso di oliare deputati e giornalisti europei. Una "caviar diplomacy" che mirava a ripulire l' immagine del Paese.
Fonte: qui
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