UNO DI POCHI MESI MUORE, L'ALTRO PIU’ GRANDE DI 2 ANNI HA RIPORTATO DANNI CEREBRALI E LE SUE CONDIZIONI SONO CRITICHE…
Orrore nel carcere capitolino di Rebibbia. Una detenuta ha tentato di uccidere i suoi due figli lanciandoli giù dalle scale: uno è morto, l'altro è ricoverato in condizioni critiche in ospedale. Il fatto è accaduto all'interno della sezione nido dove sono ospitati bimbi fino a tre anni.
La donna di origini tedesche, 33 anni, si stava recando con le altre mamme-detenute nella sala pranzo del nido. Ha fatto passare davanti a sé tutte le altre compagne e quando è rimasta da sola, ha gettato dalle scale il figlio più piccolo di pochi mesi, ripetendo il gesto contro il più grande di 2 anni che è stato trasportato d'urgenza in ospedale.
La donna è arrivata a Rebibbia, dopo esser stata estradata dalla Germania, per traffico di droga lo scorso 27 agosto. Non risultano a suo carico patologie pregresse o psichiche. Nel dettaglio, come cita una fonte Uspp, Sindacato polizia penitenziaria, il più piccolo nella carrozzina sarebbe stato spinto per primo dalle scale, il più grande - che la donna teneva per mano - è stato spinto subito dopo. Negli ultimi colloqui avuti a metà settembre con alcuni familiari la donna avrebbe mostrato preoccupazione per il futuro dei suoi figli.
Danni cerebrali per il bimbo più grande. Il bimbo ferito, dopo esser arrivato al Pertini in codice rosso è stato trasferito al nosocomio Bambino Gesù. Le condizioni del piccolo - dal primo bollettino medico - sono particolarmente critiche con danno cerebrale severo. Il bambino è sottoposto attualmente a supporto rianimatorio avanzato e in ventilazione meccanica. In programma un intervento neurochirurgico. La prognosi resta riservata.
Sopralluogo pm. Il procuratore aggiunto Maria Monteleone, coordinatore del pool dei magistrati che si occupa dei reati sui minori, si è recata nel penitenziario di Rebibbia per svolgere un sopralluogo. Sul posto anche i carabinieri del Nucleo investigativo. Sul quanto avvenuto si avvierà una indagine per omicidio e tentato omicidio.
Sopralluogo pm. Il procuratore aggiunto Maria Monteleone, coordinatore del pool dei magistrati che si occupa dei reati sui minori, si è recata nel penitenziario di Rebibbia per svolgere un sopralluogo. Sul posto anche i carabinieri del Nucleo investigativo. Sul quanto avvenuto si avvierà una indagine per omicidio e tentato omicidio.
Fonte: qui
LE FRASI AGGHIACCIANTI DELLA DONNA TEDESCA, MULO DELLA DROGA
ORA SI CERCA IL PADRE, UN NIGERIANO, PER CHIEDERE L'AUTORIZZAZIONE ALL'ESPIANTO DEGLI ORGANI
BONAFEDE SOSPENDE I VERTICI DEL CARCERE
DETENUTA REBIBBIA: DICHIARATA MORTE CEREBRALE BAMBINO
(ANSA) - Si è conclusa la procedura di accertamento di morte cerebrale per il bimbo giunto ieri dal carcere di Rebibbia all'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. In una nota, viene detto che "la commissione incaricata dell'accertamento ha dovuto confermare purtroppo lo stato di morte cerebrale del bambino". "Si valuta ancora, insieme alle autorità giudiziarie e al centro nazionale e regionale per i trapianti, la possibilità di donazione di organi", del bambino gettato insieme alla sorellina dalla madre detenuta nel carcere di Rebibbia.
DETENUTA REBIBBIA UCCIDE FIGLI, "ADESSO SONO LIBERI"
Marco Maffettone per l'ANSA
"Adesso i miei figli sono liberi, gli ho dato la libertà". Sono le agghiaccianti parole con cui Sebesta, ha raccontato al suo avvocato difensore quanto compiuto ieri nel reparto nido del carcere di Rebibbia dove si trovava detenuta per traffico di sostanze stupefacenti. La donna ha lanciato i suoi due figli giù dalle scale e nei suoi confronti l'accusa della Procura di Roma è di duplice omicidio.
La 33enne tedesca si trova piantonata nel reparto di psichiatria dell' ospedale Pertini e ha passato le ultime 24 ore a piangere e pregare. La figlia più piccola, Faith nata a Monaco di Baviera il 7 marzo scorso, è morta sul colpo, per il fratellino Divine, nato sempre a Monaco il 2 febbraio del 2017, i medici dell'ospedale Bambino Gesù hanno avviato la procedura per l'accertamento della morte cerebrale. A tal proposito la Procura di Roma ha lanciato un appello per rintracciare il padre dei piccoli, Ehis E. di nazionalità nigeriana, al fine di ottenere anche da lui l'ok per l'espianto degli organi.
La tragedia ha avuto delle conseguenze di natura amministrativa. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha, infatti, deciso per la 'linea dura' sospendendo il direttore della casa circondariale femminile, Ida Del Grosso, la sua vice, Gabriella Pedote, e il vice comandante del reparto di Polizia penitenziaria, Antonella Proietti. Il ministro, parlando di quanto accaduto, ha detto di avere preso questa decisione perché ha ritenuto che "sono stati fatti errori".
"Il messaggio - ha sottolineato Bonafede - deve essere chiaro: nel mondo della detenzione non si può sbagliare. Quel mondo vive in condizioni gravi; io mi sto impegnando e penso non solo ai detenuti, ma anche agli agenti penitenziari. Tuttavia se vedo qualcosa che non deve accadere io prendo subito provvedimenti". Quanto alle critiche di chi dice che la donna non doveva stare in carcere, per il ministro "tutti si improvvisano tuttologi. Sono i magistrati a decidere quando si può fare la detenzione domiciliare e non è detto che a casa quei bimbi sarebbero stati più sicuri".
Il Pd, a partire da Andrea Orlando, è andato all' attacco. "E' sicuro - ha sottolineato l'ex ministro della Giustizia - che per non avere più bambini in carcere basta approvare la nostra riforma sull'ordinamento penitenziario". Per Alessandra Gallone, vicepresidente dei senatori di Forza Italia, va applicata la legge che prevede gli "Icam, istituti in cui possono essere accolte le detenute insieme ai loro bambini". Sulla vicenda è stato avviato un accertamento ispettivo da parte del Dap, mentre per quanto riguarda l'indagine penale, la donna, al momento, resta l'unica indagata.
Gli inquirenti, coordinati dal procuratore aggiunto Maria Monteleone, stanno effettuando una serie di accertamenti. Parlando con il suo avvocato, Andrea Palmiero, la detenuta è apparsa consapevole di quanto avvenuto. "Sapevo che ieri era in programma l'udienza davanti ai giudici del Riesame che dovevano discutere della mia posizione - ha affermato -. I miei figli li ho liberati, adesso sono in Paradiso". La donna era stata arrestata il 28 agosto scorso a Roma perché trovata in possesso di 10 chilogrammi di marijuana. Nei suoi confronti è stato applicato l'arresto in flagranza di reato, misura che dovrà essere convalidata nei prossimi giorni dal gip.
Fonte: qui
SE LA DONNA FOSSE STATA TRASFERITA IN UNA STRUTTURA FUORI DAL CARCERE, SE IL GIP NON AVESSE NEGATO LE ISTANZE DEL SUO DIFENSORE E SE QUALCUNO NON AVESSE IGNORATO DUE SEGNALAZIONI SULLE SUE CONDIZIONI MENTALI,
OGGI FORSE QUEI DUE PICCOLI INNOCENTI SAREBBERO ANCORA IN VITA
Federica Angeli e Maria Elena Vincenzi per la Repubblica
A tre giorni dalla tragedia che si è consumata nella sezione nido del carcere romano di Rebibbia cominciano a delinearsi i contorni di una vicenda composta da una catena infinita di "e se".
Anello dopo anello si comprende meglio che se Alice Sebesta, la donna tedesca di 33 anni che ha ucciso la figlia di 7 mesi e il primogenito di 2 anni gettandoli dalle scale, avesse avuto una residenza, se si fossero rispettati i dettami della legge 62/2011, se il gip non avesse negato le istanze del suo difensore e se qualcuno non avesse ignorato due segnalazioni sulle sue condizioni mentali, oggi forse quei due piccoli innocenti sarebbero ancora in vita. E non si tratta di ragionare col senno di poi. Ma solo di capire l' epilogo di una vicenda a partire dalle sue innegabili contraddizioni che, al momento, hanno portato alla sospensione di direttrice, vicedirettrice e vicedirigente della penitenziaria di Rebibbia.
Il 26 agosto Alice viene arrestata dai carabinieri della compagnia Roma Centro. Era vicino alla stazione Termini in un' auto insieme a due nigeriani e ai suoi due figli.
Passava per Roma e aveva con sé 10 chili di marijuana. Quando i militari l' hanno fermata ha dichiarato che quella droga era tutta sua.
Il gip in 24 ore convalida l' arresto per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. E qui si consuma la prima " violazione". La donna è di passaggio nella capitale, è domiciliata in Germania e a Roma non ha un casa. Motivo per cui - a differenza di quanto previsto dall' articolo 146 del codice penale - malgrado Alice abbia due bambini e malgrado il suo avvocato chieda l' obbligo di firma, il giudice stabilisce che debba andare in carcere.
Il domicilio negato
La donna arriva a Rebibbia il 28 agosto, nella "sezione nido". Il suo difensore, Andrea Palmiero, presenta il 4 settembre istanza di scarcerazione trovandole un domicilio in cui la donna possa scontare la detenzione preventiva. Alice è anche incensurata. Tre giorni dopo il gip rigetta la richiesta. Nella motivazione scrive che non vi era nessun elemento nuovo per permettere alla madre di tornare libera. Trascurando che in quella istanza veniva fornito un indirizzo, che Alice aveva un casa dove andare con i suoi bambini. E che quello era il motivo per cui, di fatto, era finita dentro.
La struttura inadeguata
E così Alice e i suoi due figli minorenni rimangono a Rebibbia, anche se la legge 62 del 2011 è al riguardo chiara. La donna avrebbe dovuto, nelle sue condizioni giudiziarie e in quanto mamma, abitare in una struttura fuori dal carcere, in un Icam ( istituto a custodia attenuata per detenuti madri), ossia il livello intermedio tra la sezione nido del carcere ( riservata per legge a mafiose e terroriste) e la casa protetta ( per reati minori). L' I-cam però a Roma non c' è, dunque per Alice Sebesta si è scelta la soluzione Rebibbia, quella più dura.
Gli allarmi ignorati «La detenuta era stata più volte segnalata per alcuni comportamenti, sintomatici di una preoccupante intolleranza nei confronti dei due piccoli» e il personale in servizio presso il carcere aveva segnalato « la necessità di accertamenti anche di tipo psichiatrico». A scriverlo è il capo del Dap, Francesco Basentini. Al momento del suo arrivo, Alice ha un colloquio con la psicologa che lavora in carcere: la dottoressa non ravvisa niente di particolare. Ad accorgersi di piccole note stonate nel comportamento della donna sono le agenti penitenziarie. Che in due segnalazioni, indirizzate ai vertici del penitenziario, raccontano due episodi. Il primo parla di un atteggiamento " strano" rispetto al nutrimento del neonato. La donna, che allatta ancora, usa il tiralatte ed è lei stessa a berlo invece di darlo alla piccola. La seconda viene redatta il giorno prima della tragedia.(...)
Fonte: qui
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