"UNA PRATICA ISTITUZIONALIZZATA VOLTA AD ABBREVIARE LE VITE", ORDINATA DALLA DOTTORESSA JANE BARTON
È SUCCESSO TUTTO TRA IL 1989 E IL 2000, MA IL CASO È STATO RESO PUBBLICO SOLO ADESSO. CI SONO ALTRI 200 CASI SOSPETTI…
Luigi Ippolito per il "Corriere della Sera"
La clinica della morte a Gosport, in Inghilterra, sfornava cadaveri in quantità industriale: gli anziani pazienti entravano al War Memorial Hospital per terapie di riabilitazione e ne uscivano dopo qualche giorno diretti al camposanto. Sono già 456 le vittime accertate, fra il 1989 e il 2000, di una «pratica istituzionalizzata volta ad abbreviare le vite», come ha appurato un’inchiesta durata anni e resa pubblica ieri: ma di casi sospetti se ne contano almeno altri 200.
A sovrintendere alla mattanza di anziani la dottoressa Jane Barton, oggi 69 enne: era lei a ordinare di somministrare ai pazienti dosi letali di oppiacei senza nessuna giustificazione medica. La commissione d’inchiesta non aveva il potere di indicare responsabilità penali o civili: ma si è rivolta al ministro della Sanità, alla Procura generale e alla polizia chiedendo loro di «riconoscere il significato delle rivelazioni sulle circostanze di quei decessi e di agire di conseguenza».
E il responsabile della Sanità britannica, Jeremy Hunt, ha annunciato un’azione penale «trasparente e indipendente», mentre la premier Theresa May ha definito a Westminster lo scandalo dell’ospedale di Gosport «tragico e profondamente preoccupante»: e ha chiesto scusa ai familiari delle vittime. Quel che è peggio è che i parenti avevano denunciato più volte le circostanze sospette dei decessi, ma si ritrovavano «senza alcun potere nei confronti dello staff medico».
Anche alcuni infermieri dell’ospedale avevano provato a lanciare l’allarme, già ai primi degli anni Novanta: secondo l’inchiesta, la clinica «avrebbe potuto rettificare le procedure» ma «scelse di non farlo», con la conseguenza che i decessi continuarono.
Anzi, gli infermieri che avevano denunciato i casi vennero «ostracizzati» sul lavoro. E la commissione ha criticato anche l’ex deputato locale, Sir Peter Viggers, che aveva sempre minimizzato la situazione, ostacolato i tentativi di indagine e manifestato il suo pieno sostegno al l’ospedale.
E così ciò che imperava in quegli anni nella clinica era «il disprezzo per la vita umana e una cultura volta ad abbreviare le vite di un gran numero di pazienti», attraverso «un regime istituzionalizzato di prescrizione e somministrazione di dosi pericolose di farmaci non giustificati clinicamente».
L’attuale deputata di Gosport, Caroline Dinenage, ha definito il rapporto «molto peggio di quanto avessimo anticipato». E ha sottolineato che «mentre tante persone avevano sollevato il caso e tante famiglie avevano lanciato l’allarme, c’è stato un fallimento nelle indagini da parte di numerose, diverse autorità».
E infatti suona incredibile che già due precedenti inchieste, nel 2009 e nel 2013, avessero appurato che i medicinali prescritti dalla dottoressa Barton avevano contribuito al decesso di sei pazienti: ma pur essendo stata riconosciuta colpevole di «cattiva condotta professionale», la dottoressa era stata autorizzata a rimanere al suo posto fino al raggiungimento della pensione.
Già allora erano stati descritti i suoi modi «bruschi e indifferenti», nonché la sua «intransigenza e mancanza di visione delle conseguenze delle sue azioni». Ieri ai familiari delle vittime restavano solo le lacrime. Ma hanno giurato che ora la battaglia si sposterà nei tribunali.
Fonte: qui
Nessun commento:
Posta un commento