9 dicembre forconi: CESARE BATTISTI DIFFICILMENTE VERRA' ESTRADATO IN ITALIA!

lunedì 16 ottobre 2017

CESARE BATTISTI DIFFICILMENTE VERRA' ESTRADATO IN ITALIA!

IL SUPREMO TRIBUNALE FEDERALE CHE DOVRA’ DECIDERE SULLA CONSEGNA ALL’ITALIA DEL TERRORISTA E’ A MAGGIORANZA IN SUO FAVORE 

UNO DEI GIUDICI E’ STATO UN SUO AVVOCATO (MA NON VOTERA’), IL RELATORE HA GUIDATO TRE ‘NO’ AD ALTRETTANTE RICHIESTE DI ESTRADIZIONE TRA CUI QUELLA DI ACHILLE LOLLO

Rocco Cotroneo per il “Corriere della Sera”

CESARE BATTISTICESARE BATTISTI
Se ha alzato un altro bicchiere di birra alla sentenza favorevole - ed è probabile - stavolta Cesare Battisti l' ha fatto nel cuore della notte e dietro il cancello di casa, senza fotografi, protetto dalla coppia che lo accudisce da dieci giorni come un bambino influenzato. Lui è Carlos Lungarzo, un corpulento professore argentino, e i suoi dieci secondi di gloria involontaria li ha vissuti pochi giorni fa.

In canottiera e bermuda, paonazzo, spingeva fuori di casa il giornalista del Tg1 che allungava il microfono a Battisti. La moglie Silvana ancor più furibonda urlava agli invasori.
Mentre il plurilatitante obiettivo dello scoop Rai appariva dietro la scena a dar forza ai suoi angeli custodi, a torso nudo e pancetta regolamentare da birra.

CESARE BATTISTI A RIO DE JANEIROCESARE BATTISTI A RIO DE JANEIRO
Carlos e Silvana, militanti della sinistra brasiliana, il marito per decenni in cattedra all'università di Campinas e impegnato in Amnesty International, lei sociologa, hanno scelto di restare a fianco al loro «Cesar» fino all' ultimo. Se un giorno arriverà mai la Policia Federal dovrà passare sui loro corpi. Lei ha le chiavi di casa, sbarra tutto anche per andare a comprare il pane; lui riceve gli ospiti, parla con gli avvocati, sussurra e controlla se ci sono microspie in giro. Filtra i giornalisti.

I brasiliani sono ben accetti, gli italiani ricevono cancellate in faccia o al massimo un succo d' arancia in cortile, dove fa molto caldo, e una lunga chiacchierata con tutta un' altra verità dal 1978 a ieri.

CESARE BATTISTICESARE BATTISTI
Si parla a lungo del suo libro sul caso Battisti, testo ufficiale degli innocentisti, oggi di nuovo in prima fila nelle librerie brasiliane, o degli anni ruggenti nei forum no social di Porto Alegre. «Cesare è stanco, devastato, quasi non dorme, gli stiamo dando i sonniferi», dice Silvana. Un po' di rispetto, «non si può più nemmeno uscire a fare un giro». «Troppe interviste!» (quasi tutte per email via Carlos, per la verità).

E sparisce dietro la porta di casa e tre mandate. Cananeia, paesino votato alla pesca e al turismo ecologico a tre ore da San Paolo, in questi giorni è piena di gente per un lungo ponte festivo al suono della «candanga caiçara», le ballate tipiche della regione.
CESARE BATTISTI CHE BRINDA PRIMA DI TORNARE A SAN PAOLO 2CESARE BATTISTI CHE BRINDA PRIMA DI TORNARE A SAN PAOLO 2
Non è il Brasile dell' immaginario spiaggia-mulatte, ma un tranquillo villaggio umido tropicale, tendente al noioso. Se è per questo, anche Battisti non è qui circondato da intellettuali, ma con la coppia Lungarzo, accasciato in mutande su un divano davanti al ventilatore.

La casa di Cananeia è un prestito dell'amico Magno de Carvalho, un sindacalista di San Paolo vecchio stile, la cui piccola sala è addobbata con un ritratto di Marx, Guernica e la classica foto del Che Guevara.
CESARE BATTISTI A CORUMBA'CESARE BATTISTI A CORUMBA'

Legati a Carvalho, un avvocato e un autista militanti nello stesso sindacato sono i due fermati con Battisti alla frontiera con la Bolivia nel misterioso episodio della fuga con i dollari, storia che l' ex terrorista continua a negare.

Fino a venerdì sera, i tre nella casetta di Cananeia sembravano gli ultimi giapponesi nella giungla, pronti ai sacchi di sabbia alla finestra in attesa del giorno finale con l' arrivo dei poliziotti. Poi ieri tutto è cambiato. La sentenza del giudice Luiz Fux che sposta al 24 ottobre la decisione finale dell' Alta corte è qualcosa di più di un semplice rinvio.
CESARE BATTISTI BRINDISI PRIMA DI TORNARE A SAN PAOLOCESARE BATTISTI BRINDISI PRIMA DI TORNARE A SAN PAOLO

È il colpo più duro alle richieste dell'Italia da quando la vicenda si è riaperta. Il sì del governo Temer alla consegna dell'ex terrorista, questo ormai certo, è ora appeso al giudizio di cinque membri, un collegio ristretto del Stf (il Supremo tribunale federale). Carlos Lungarzo scorre i nomi e non trattiene il sorriso: «Sono a nostro favore quattro su cinque. Lo dice anche Cesare».

CESARE BATTISTICESARE BATTISTI
Sarà? Innanzitutto uno dei giudici, Luis Roberto Barroso, non potrà votare perché negli anni scorsi è stato avvocato proprio di Battisti. Il relatore è Marco Aurelio Mello, l' uomo che negli anni scorsi ha guidato tre rifiuti brasiliani su richieste di estradizione legate agli anni di piombo, tra cui quella eclatante di Achille Lollo. È un no certo all' Italia, così come potrebbero inclinare a favore di Battisti anche i giudici Luiz Fux e Rosa Weber, nominati negli anni dei governi di sinistra.
IL MATRIMONIO DI CESARE BATTISTIIL MATRIMONIO DI CESARE BATTISTI

L'unico voto quasi certo a favore dell' estradizione è quello del quinto membro, Alexandre de Moraes, appena nominato dal presidente Temer. Con un 3 a 1 Battisti resterebbe in Brasile. Se anni fa la giustizia aveva detto sì alla riconsegna di Battisti e la politica l' ha negata, oggi la situazione si è completamente ribaltata. E il governo è debolissimo, con un presidente pieno di guai giudiziari che ha proprio bisogno della Corte per tirare avanti. L'ennesimo inghippo, l'ennesimo colpo di fortuna per Battisti.

Fonte: qui

BATTISTI: NEL FEBBRAIO DEL 1979 CRIVELLO’ UN MACELLAIO DI VENEZIA 
IL FIGLIO RICORDA: “SPARO’ A MIO PADRE QUAND’ERA GIA’ A TERRA” 
LA VENDETTA PER UNA RAPINA ANDATA A MALE. 
ERA UN “ESPROPRIO PROLETARIO” FINITO NEL SANGUE
Giuseppe De Lorenzo per Il Giornale

CESARE BATTISTICESARE BATTISTI
Volete conoscere Cesare Battisti? Volete sapere chi era il "proletario armato per il comunismo" che oggi se ne sta comodamente seduto in una spiaggia brasiliana mentre i parenti delle sue vittime lottano con il dolore di non avere più un padre, un marito, un amico? Era un assassino (lo dicono le condanne): un killer spietato ora trasformatosi in giallista di successo senza scontare neppure un minuto di pena per i delitti commessi durante gli anni di piombo.

Per toccare con mano la ferocia di chi oggi dice che tornare in Italia sarebbe "una condanna a morte" bisogna ascoltare i racconti dei parenti di una delle quattro vittime degli omicidi per cui Battsti è stato condannato all'ergastolo. "Non devo chiedere scusa alle vittime", ha detto il terrorista dei Pac continuando a dire che "non c'è motivo che chieda scusa per qualcosa che hanno commesso altri".

LINO SABBADINLINO SABBADIN
Il figlio di Lino Sabbadin raccontò l'omicidio di suo padre in un libro realizzato da Giovanni Fasanella e Antonella Grippo. Una fiume di parole sconcertanti, che ricostruiscono nella memoria di un ragazzo come Battisti abbia crivellato di colpi il macellaio di Santa Maria di Sala (Venezia) mentre questi era già agonizzante a terra. Era l 16 febbraio del 1979.

"La mia era una famiglia tranquilla - racconta Adriano Sabbadin, come riportato dal Tempo - Lavoratori seri, persone oneste. Vendevamo carni". Due mesi esatti prima della morte di Lino Sabbadin (il 16 dicembre) la sua macelleria subì una rapina. O forse dovremmo chiamarlo un "esproprio proletario", locuzione con cui per anni si sono coperti col velo della politica comunista crimini di tutti i tipi.

"Era un sabato sera - ricorda Adriano - la giornata di lavoro era finita e stavamo per chiudere. Quella era un' incombenza che spettava a me e andai nel retro per prendere il grosso catenaccio di ferro con cui bloccavamo la saracinesca. Improvvisamente sentii sparare all' impazzata, mentre qualcuno urlava: 'Questa è una rapina! State fermi, non vi muovete! E' una rapina!". D' istinto mi buttai a terra, impaurito. Poi riconobbi la voce di mio padre, che invitava alla calma: "Per favore, state calmi!", continuava a ripetere ai rapinatori. Ma lo diceva anche a se stesso e soprattutto a mia sorella, che era alla cassa: la vedeva terrorizzata e voleva tranquillizzarla.

adriano sabbadinADRIANO SABBADIN
“Adriana prese i soldi dal cassetto per darli ai rapinatori, erano due giovani incappucciati. Ma uno di loro le sparò, senza colpirla; forse credeva che volesse nascondere una parte dell' incasso della giornata e voleva intimidirla. Mio padre nel frattempo, preoccupato che potesse accadere qualcosa di brutto a mia sorella, approfittò di quegli attimi di concitazione e riuscì a venire nel retro, dove prese un' arma, che teneva nascosta lì. L' altro rapinatore gli corse dietro e lo colpì in testa con il calcio della pistola.

Papà non svenne e reagì. Lottarono. Partì un colpo. Fu mio padre a rialzarsi mentre il ragazzo rimase a terra, riverso in una pozza di sangue. L' altro rapinatore fu subito immobilizzato dai clienti e rischiò il linciaggio della folla, che quando è stanca di soprusi diventa branco pronto a farsi giustizia da sé. L' ambulanza arrivò quasi subito. Tentarono di rianimare il ragazzo in terra, poi lo portarono in ospedale. Ma non ce la fece, morì nel giro di qualche ora".

CESARE BATTISTI CHE BRINDA PRIMA DI TORNARE A SAN PAOLO 2CESARE BATTISTI CHE BRINDA PRIMA DI TORNARE A SAN PAOLO 2
La morte di quel giovane rapinatore armò la mano dei Pac. I quali decisero di punire il macellaio per aver bloccato quel tentativo di esproprio proletario. Ci furono minacce, bombe piazzate la vigilia di Natale, lettere minatorie e un lungo calvario che portò fino alla fatidica data del 16 febbraio 1979. Quel giorno "nel pomeriggio, chiesi a mio padre di venire giù in negozio perché dei clienti avevano bisogno di alcuni tagli più grossi, e io non ero in grado di darglieli. Erano circa le 16.30. Mio padre, aiutato da mia madre, stava servendo dei clienti, una coppia con una bambina piccola. Io ero al telefono, stavo chiamando una ditta fornitrice perché mi ero accorto che avevamo bisogno di alcuni tagli di carne e volevo che ce li portasse.

CESARE BATTISTI A CORUMBA'CESARE BATTISTI A CORUMBA'
Proprio in quell'istante notai di nuovo un' auto che passava lentamente davanti al negozio. Era la stessa che avevo visto il giorno precedente. In un attimo sentii dei colpi di pistola rimbombarmi nelle orecchie. Lasciai cadere il telefono e andai di corsa in magazzino, mi sedetti a terra per riprendere fiato e cercare di pensare a cosa fare. Poi scappai di sopra, da mia zia. Lei, dalla terrazza, aveva visto arrivare degli uomini armati e poi aveva sentito i colpi, ma non aveva potuto far nulla perché uno, dalla strada, la teneva sotto tiro con un mitra. Sono momenti infiniti, dilatati dall' angoscia, senti il cuore che ti batte in gola fino a scoppiare. Quando finalmente vedemmo quegli uomini allontanarsi di corsa in macchina, io e mia zia, con la paura negli occhi, scendemmo subito. Uno dei vicini tentò di bloccarmi: "Non andare, papà è morto!".

cesare battistiCESARE BATTISTI
La moglie del macellaio aveva il grembiule sporco di sangue. Ma non quello degli animali che per tirare a campare la famiglia vendeva in macelleria. Era l "rosso vivo del sangue di mio padre", come ricorda Adriano Sabbadin. "E lui, mio padre, era in una pozza di sangue. Lo toccai, era bianco, cianotico. (...) Lo portarono via subito. I carabinieri ci fecero andare in caserma per interrogarci, me e mia madre. Ma io non capivo nemmeno quello che mi stavano dicendo (...) L' omicidio fu rivendicato il giorno dopo dai Pac. (...) I carabinieri ci spiegarono che si trattava di una banda che faceva rapine per autofinanziarsi. Nel nostro caso, però, avevano voluto punire mio padre che, due mesi prima, durante il tentativo di rapina in macelleria, aveva ucciso quel ragazzo. Secondo i Pac, ci spiegarono i carabinieri, mio padre non avrebbe dovuto reagire a un' azione di «esproprio proletario (...)".

CESARE BATTISTI SULLA SPIAGGIA DI RIO IN UNA FOTO PUBBLICATA DA PARIS MATCHCESARE BATTISTI SULLA SPIAGGIA DI RIO IN UNA FOTO PUBBLICATA DA PARIS MATCH
I membri del commando che uccise il macellaio veneziano erano in tre. Uno di loro era una donna, Paola Filippi. A premere il grilleto per primo fu Diego Giacomini, terrorista veneziano. Ma a pianificare la ferocia dell'attentato e i suoi particolari ci pensò Cesare Battisti. Il quale non ebbe alcuna pietà per quell'onesto lavoratore che aveva osato ribellarsi ad una rapina. "Giacomini fu il primo a sparare a mio padre - racconta ancora Adiano - Battisti lo colpì di nuovo quando era già a terra; fecero allontanare i clienti e poi spararono ancora. Crivellarono mio padre senza alcuna pietà".

Fonte: qui

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