9 dicembre forconi: LA RUSSIA, LA CINA E LA GUERRA CONTRO L'EGEMONIA DEL DOLLARO

martedì 16 giugno 2015

LA RUSSIA, LA CINA E LA GUERRA CONTRO L'EGEMONIA DEL DOLLARO


DI MICHAEL HUDSON E THE SAKER
counterpunch.org
Le contraddizioni interne della politica estera USA: la Cina e la lotta all’egemonia del dollaro. Un lungo serrato e illuminante dialogo tra il prof. Michael Hudson e The Saker
SakerPare che l’Ucraina sarà forzata a dichiarare default ma che sarà più un default “tecnico”, rispetto che uno effettivo. C’é pure chi sostiene che la decisione della Rada (parlamento) di consentire a Yatseniuk di decidere a chi spetta essere pagato e chi dovrà aspettare rappresenta in pratica un “default tecnico” già di per sè. Ma esiste davvero qualcosa come un “default tecnico”? e se si, in che cosa differisce, in termini delle conseguenze concrete per l’Ucraina, rispetto a un default classico?




Michael Hudson: Un default è un default. Il tentato eufemismo di “default tecnico” saltò fuori per la prima volta  nel 2012 al meeting del G8, in riferimento al debito greco. Obama e Geithner fecero sfacciata pressione affinché il FMI e la BCE “salvassero” il debito greco (bail-out), semplicemente per garantire che i detentori dei bond venissero pagati, dal momento che le banche USA avevano emesso titoli di credit default insurance (CDS) sui bond greci e pendevano grosse perdite su di loro, perdite che sarebbero esplose qualora lo scenario del default si fosse verificato. La BCE propose di ridefinire il default con l’eufemismo di “rinegoziazione” volontaria, chiedendo a banche e altri detentori di bonds (titoli del Tesoro) di acconsentire ad una svalutazione del debito.
Tuttavia, stando alla organizzazione internazionale dei detentori di bond, chiamata la International Swaps and Derivatives Association (ISDA), i default creditizi hanno luogo quando una ristrutturazione del debito viene negoziata da “Una autorità governativa ed un numero abbastanza rappresentativo di possessori delle obbligazioni tale da essere sufficiente a vincolare tutti i possessori”, diventando effettivo. Sempre stando alle definizioni della ISDA: “Eventi di questa fattispecie sono: riduzione dei tassi di interesse imposti o riduzione dell’ammontare del capitale inizialmente concesso in prestito (cosidetto, haircut, la “sforbiciata”), oppure la dilazione di pagamento sul capitale prestato, sul solo interesse, o su entrambe le cose (che spesso include anche una dilazione delle scadenze di pagamenti già scaduti), una subordinazione agli obblighi concordati o un cambiamento della valuta di pagamento del debito ad una valuta diversa da quella nella quale il debito era stato originariamente contratto ad una valuta che non sia la valuta di un paese membro del G7 o una valuta che possieda una valutazione AAA secondo valutazione dell’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD)”
Tutto molto chiaro. Fare in modo che la ISDA classifichi lo scambio di bond come “evento creditizio” consente ai creditori di recuperare l’assicurazione sul default delle loro controparti. Nel caso in questione c’è poca garanzia, quindi i titolari dei bond potrebbero spingersi a sequestrare proprietà governative all’estero; esattamente quello che è già successo con i fondi avvoltoio Paul Singer in Argentina, scrivendo di fatto un pezzo di diritto internazionale che si applicherà direttamente al caso Ucraino.
Sotto le leggi di regolazione del debito del Regno Unito (dove il debito Russo è registrato) il Parlamento dovrebbe designare l’Ucraina come paese HIPC (come i paesi Africani bersaglio delle speculazioni del fondo Singer) allo scopo di bloccare il comportamento nocivo dei creditori. Il Parlamento non sta facendo questo per l’Ucraina, con la sua povertà autoimposta a causa della guerra.
Se il FMI dichiarasse che il prestito di 3 miliardi della Russia non è ufficiale questo significherebbe riscrivere il diritto internazionale e implicherebbe di fatto che prestiti concessi da fondi sovrani governativi di qualsiasi paese (paesi OPEC, Norvegia, Cina etc) non sono protetti in alcun modo. Un doppio standard di questo genere fratturerebbe i mercati del debito in tutto il mondo lungo le linee di un nuova guerra fredda, nella quale la guerra finanziaria rimpiazza la guerra propriamente detta. Ho i miei dubbi che il mondo sia pronto ad affrontare una simile “opzione nucleare” finanziaria.
Saker: La Rada ha anche approvato una legge che consente al Governo di sequestrare le proprietà russe in Ucraina. Non saprei se si intende proprietà governative o proprietà di cittadini ed imprese russe. In ogni caso, quali conseguenze economiche e legali verrebbero scatenate da questi sequestri, nel caso che il governo decida di procedere effettivamente con questo piano? Credi che la Russia sarebbe nella posizione di rispondere con una rappresaglia, o magari appellarsi alla corte Internazionale?
Michael Hudson: Sarebbe un passo talmente radicale da infrangere persino il diritto civile. Inoltre, se l’Ucraina facesse questo mentre sta ancora ricevendo prestiti da FMI, USA e Canada i loro creditori possono essere qualificati tra i responsabili. Quantomeno dal punto di vista morale. La domanda è: quali tribunali avrebbero competenza su un caso del genere? E’ vero poi che Israele utilizza questa eccezione giuridica di tipo etnico nei confronti degli Arabi, questo è l’unico possibile precedente a cui l’Ucraina potrebbe appellarsi per giustificare questo operato.
Quando Cuba o altri stati latinoamericani cercarono di ricomprarsi investimenti americani, pertanto ai valori di mercato, il risultato è sempre stato tentativi di colpo di Stato. Sarebbe un atto di guerra. La Russia potrebbe domandare i risarcimenti, certo, ma a chi? Forse potrebbe sequestrare le proprietà dei paesi occidentali che appoggiano la giunta di Kiev, oppure magari nazionalizzando le partecipazioni francesi e tedesche nelle società russe e divertirsi a osservarne le reazioni di protesta.
Saker: Il Governo Ucraino ha veramenta fatto l’impossibile per spezzare tutti i legami economici con la Russia. Il Dombass è stato bombardato e totalmente alienato dal resto del paese, tutti i contratti di tipo militare-difensivo sono stati pure cancellati, è proibito alle compagnie russe di presentarsi per appalti in Ucraina o proporre contratti, la Russia è stata ripetutamente dichiarata “paese aggressore” etc. Tutto ciò significa che per il momento l’Ucraina preferisce essere al 100% dipendente dall’Occidente. Possiamo pensare veramente che questo Occidente (USA + UE + FMI + Banca mondiale etc) abbia la volontà e i mezzi di continuare a prestare soldi all’Ucraina o di appoggiare il regime al potere? Forse che gli USA possono semplicemente stampare dollari ad libitum e mandarli a Poroschenko, o esistono limiti materiali a quello che l’Occidente può fare in appoggio al corrente regime? Infine, cosa succederebbe all’Ucraina se l’Occidente non può permettersi di sostenerla? Una catastrofe dell’economia interna di quali proporzioni?
Michael Hudson: L’Occidente non fa beneficenza. Le sue aziende non sono intenzionate a perdere soldi, inoltre lo statuto europeo non consente alla BCE o ai contributori europei di finanziare governi esteri. Comprano titoli di stato soltanto dalle banche, e poche banche possiedono bond Ucraini!
I futuri governi Ucraini potranno ripudiare tutte le operazioni economiche della Giunta proprio come gli alleati cancellarono i debiti interni tedeschi nella riforma valutaria del 1947/1948, con l’argomento che il più dei crediti erano i crediti di ex nazisti. La presente cleptocrazia Ucraina non è uno sponsor molto credibile per le privatizzazioni o per altri accordi economici con l’Occidente, nonostante le speranze di George Soros di mettere le mani su terra e infrastrutture. Anche il debito Ucraino verso il FMI e le altre agenzie internazionali può essere rigettato come “odioso debito” (precisa categoria giuridica) in quanto finalizzato a pagare le spese di un Governo in guerra contro la sua stessa popolazione.
Saker: E’ visione comune che la recessione dell’economia Russa ha poco a che vedere con le sanzioni che le sono state imposte contro ma più che altro un risultato del crollo dei prezzi del petrolio. Penso che sia una coincidenza, o che gli USA e i Sauditi insieme abbiano tramato per una caduta dei prezzi del petrolio, similmente a come fu fatto negli ultimi anni ’80 per colpire l’Unione Sovietica? Quale pensi che sarà l’andamento dei prezzi del petrolio nel breve-medio termine e, possiamo aspettarci che il rublo recuperi valore?
Michael Hudson: Non penso neanche che quel primo crollo dei prezzi del petrolio sia stato una cospirazione per danneggiare l’Unione Sovietica. Molti modelli hanno illustrato il ruolo della speculazione finanziaria nel gonfiare i prezzi del petrolio (e di altri minerali o idrocarburi, da quando gli speculatori hanno iniziato a concentrarsi anche sulle materie prime, facendo quello che già da tempo facevano con azioni e buoni del tesoro). I Sauditi hanno i loro obiettivi, cercare di ostacolare la concorrenza estera, tra cui il petrolio “shale”.
Non mi aspetto che il prezzo del petrolio salirà considerevolmente, dal momento che l’economia europea è stata trasformata in una zona depressa e la deflazione del debito sta pesando parecchio anche sulla crescita economica USA.
Affinchè il rublo riacquisti valore, la Russia dovrebbe ri-industrializzarsi. La rivoluzione neoliberale dopo il 1991 era certamente finalizzata specialmente a smantellare la struttura industriale post-sovietica, strapparla dalle radici. Gli agenti dell’ H.I.I.D. (Harvard institute for international development) e l’A.I.D. (United states agency for international development) comprarono aziende russe con potenziale ruolo chiave a livello militare a prezzi stracciati e le smantellarono.
Per re-industrializzarsi, la Russia dovrebbe abbassare i suoi costi della vita, spinti dal costo delle abitazioni. Dovrebbe fare ciò che gli Stati Uniti fecero per sussidiare industria e agricoltura: un forte sussidio pubblico per assorbire i “costi esterni”, provvedendo ad espandere la produzione agricola e la ricerca, misure di regolamentazione dei prezzi etc etc.
Probabilmente Putin sarebbe in grado di convincere i maggiori oligarchi a fare qualche concessione. Ad esempio potrebbero tenersi la loro ricchezza ma acconsentire a una patrimoniale, ad evitare nuove svendite di apparato industriale e affinchè troppe rendite improduttive non pesino sull’economia russa. Questo avrebbe risultati pesanti sulle aziende acquistate da investitori esteri, ponendo fine alla fuga dei dividendi.
Saker: La più pesante delle sanzioni contro la Russia è stata negare accesso al credito alle compagnie Russe. Potrebbero i Russi iniziare a prendere a prestito esclusivamente, ad esempio dalla Cina o esistono ragioni obiettive che impediscono alla Russia di fare ciò? Possiamo dire che la Russia è dipendente dalle banche occidentali e, se sì, quanto durerà questa condizione? E’ possibile che la Russia si sganci dai mercati occidental iniziando a guardare piuttosto verso l’ Oriente, l’America Latina e l’Africa?
Michael Hudson: Chiaramente la Russia ha bisogno di liberarsi completamente dalle banche occidentali; ma quel che è più importante é che non ha bisogno del loro credito (basti guardare come la Cina ha costruito la sua economia senza intervento del credito bancario estero!) La Russia ha bisogno di una vera banca centrale che finanzi il deficit governativo, e una banca pubblica per estendere i crediti su base concessionaria. Il Governo può creare credito semplicemente dalle tastiere dei suoi computer nello stesso modo in cui le banche commerciali lo creano premendo sulle loro tastiere. Questo è esattamente il modo in cui l’ Unione Sovietica ha funzionato per molti decenni, dopotutto.
Non esiste nessun assolutamente bisogno che siano le banche, occidentali o russe, a finanziare il debito pubblico. E’ sempre più pieno di teorici della Modern Money Theory (MMT) capaci di spiegarci nel dettaglio come la Russia potrebbe fare questo dal punto di vista tecnico. E’ l’unico modo efficace di minimizzare i costi d’impresa.
Se i costi finanziari del settore privato (occidentale, BRICS o anche russo) gravano sui prezzi dell’ immobiliare e sui costi d’impresa, sarà molto difficile per la Russia essere competitiva. Ha bisogno di fare ciò che USA, Germania e Cina hanno fatto tutte. Ogni economia di successo nella Storia è stata una economia mista. La Russia al contrario è balzata all’improvviso da un estremo ad un estremo ancora peggiore, da una economia statale pianificata e centralizzata all’estremo neoliberale di stampo Ayn Rand/Hayek/Scuola di Chicago nel 1991, con conseguenze disastrose, come se tutto a un tratto ci si fosse dimenticati della storia finanziaria occidentale o, per quel che rileva, del volume III del Capitale di Marx e delle teorie sul plusvalore. La risposta più efficace sarebbe una creazione di credito pro-attiva per sussidiare la reindustrializzazione e la modernizzazione agraria.
Saker: Come valuti la controreazione della banca centrale Russa agli effetti combinati del crollo dei prezzi del greggio e delle sanzioni USA/UE? Molti, incluso il sottoscritto, hanno criticato le misure prese, nonostante ciò la Russia se l’è cavata decisamente meglio delle aspettative e in molti prevedono persino un ritorno alla crescita prima di fine anno. Secondo te, Elvira Nabiullina e i suoi collaboratori hanno scelto bene nel mantenere variabile il valore del rublo?
Michael Hudson: La Russia ha mantenuto il rublo fluttuante perchè l’unica alternativa sarebbe stata lasciare che speculatori esteri si unissero, stile Soros, per saccheggiare le riserve della banca centrale Russa in una partita di poker finanziaria. Le banche estere avrebbero creato credito sufficiente per iniziare a far deprezzare tutto ed ottenere effetti mortali. La Russia non brilla quando si tratta di giocare a questi giochi, in parte perchè le autorità monetarie russe hanno subito il lavaggio del cervello dell’ideologia neoliberale, senza rendersi conto della sua natura che favorisce banche e rendite ed è naturalmente anti-socialista e inevitabilemente avversa ai diritti dei lavoratori.
Saker: Tra le varie proposte che hanno circolato in Russia due hanno goduto di un appoggio particolarmente solido: la nazionalizzazione della precedentemente “indipendente” banca centrale e la sua subordinazione al governo russo e alla creazione di un rublo pienamente convertibile agganciato alle riserve auree russe (mentre alcuni suggerivano un aggancio all’ “energia”: petrolio e gas). Cosa ne pensi di tali proposte?
Michael Hudson: Una banca centrale “indipendente” ( come la Banca centrale europea, BCE) non significa nient’altro che una banca controllata dai banchieri privati, che impedisce ai governi di finanziare la loro spesa e obbliga i governi stessi, e l’economia tutta quanta, a non avere altra scelta che affidarsi al credito commerciale bancario, chiaramente pagandone gli interessi.
La Russia ha assolutamente bisogno di una vera banca centrale funzionale agli obiettivi del Governo allo scopo di reindustrializzare l’economia; può centrare l’obiettivo soltanto se libera dalla spessa coltre di parassitismo finanziario che ha gonfiato i costi immobiliari, i costi delle infrastrutture, i costi dell’istruzione e il costo della vita in genere nell’Occidente tutto.
L’oro può senz’altro svolgere il suo ruolo in questo sistema, sicuramente per regolare gli squilibri nei i pagamenti internazionali, non direi come aggancio della valuta nazionale però. E’ diventato chiaro dopo gli anni ’60 che nessuno stato sarebbe in grado di pagare le sue spese belliche sotto un regime di gold exchange standard (lo standard aureo), è stato proprio la pesante tara dell’oro che ha forzato gli USA ad abbandonare definitivamente lo standard aureo nel 1971, come conseguenza diretta della crescente spesa militare USA, prima responsabile dell’intero deficit nella bilancia dei pagamenti americana.
Messo da parte l’oro, le banche centrali del mondo hanno assunto i buoni del Tesoro USA, titoli di stato emessi per finanziare un deficit di budget essenzialmente di natura militare. Ciò significa che le riserve valutarie mondiali si sono ri-monetarizzate sulla spesa militare USA, cioè lo stesso meccanismo capace di circondare e destabilizzare i paesi che provavano a ritirarsi da questo sistema (il mio testo Super imperialism parla esattamente di questo).
L’unico modo di arrestare l’avventurismo militare USA è ripristinare le riserve auree e liberare il mondo dalla costrizione di utilizzare i buoni militarizzati del tesoro USA come standard della loro base monetaria.
Saker: Se tu avessi completa attenzione e supporto da parte di Vladimir Putin, Dmitry Medvedev, Anton Siluanov ed Elvira Nabiullina, che consigli gli daresti?
Michael Hudson: Hanno bisogno di rendersi conto che i consigli neoliberali forniti dall’ HIID e dalla banca mondiale dopo il 1991 ha annichilito l’abilità di competere dell’economia. La privatizzazione alza i costi della vita e dell’impresa. Gli Usa, la Germania ed altri economie industrializzate di successo hanno ottenuto il loro status di potenze mondiali grazie a massicci investimenti pubblici nelle infrastrutture con l’effetto, tra l’altro, di mantenere bassi i costi dei bisogni primari: sanità, istruzione, pensioni, trasporti, comunicazioni, elettricità, acqua e via dicendo.
I loro economisti durante il secolo diciannovesimo e primo ventesimo spiegarono come la tassazione pubblica imposta su rendita economia, rendita fondiaria, sfruttamento delle risorse naturali e rendite da monopoli (incluse le tariffe finanziarie delle banche) non causavano aumento dei costi, in quanto sottratte direttamente dalle rendite. Di contrasto, la tassazione imposta sul lavoro e sui profitti di natura non monopolistica pesava decisamente sui costi della vita e dell’impresa. La Russia fu persuasa a detassare le sue rendite da sfruttamento delle risorse e da monopolio, consentendo così maggiori introiti alle banche, ed eventualmente agli investitori americani ed europei, tutto a spese dell’efficienza fiscale russa.
Se i leaders russi nel 1990 avesso letto i volumi II e III del Capitale di Marx e la sua illustrazione della teoria del plusvalore si sarebbero resi conto che la gran parte delle cose di cui i critici del capitalismo industriale desideravano sbarazzarsi non erano in realtà altro che anacronismi di stampo feudale.
Il grande assente dalla attuali riforme economiche è proprio il punto centrale dell’economia classica, dai fisiocrati francesi ad Adam Smith, John Stuart Mill fino a Marx e i suoi contemporanei: liberare le econonomie industriali dalle rendite statiche, considerate allora proprio un lascito indesiderato di stampo feudale europeo. Il punto focale della teoria classica del valore e dei prezzi era l’obiettivo di liberare le economie dalla rendita puramente economica, considerata come reddito non guadagnato, frutto di puro e semplice privilegio: rendite di proprietari feudali assenteisti, ricavi da sfuttamento di risorse minerarie e naturali, rendite da monopolio e interessi finanziari. Lo scopo ultimo era prevenire attività di estrattive basate sul semplice possesso giuridico di capitale, definite come pagamenti forzati puramente predatorii, attività economiche improduttive a somma zero.
La teoria classica del valore di stampo “labour” mirava a isolare le suddette forme di rendita (fondiaria, monopolistica, da interesse finanziario) socialmente inutile, da considerarsi nient’altro che eredità di passati privilegi. L’alternativa di compromesso era di tassare maggiormente la rendita fondiaria e monopolistica (Lord Henry George ed altri). L’alternativa socialista era di di appropriarsi delle fonti naturali di reddito e trasferire ogni settore così caratterizzato alla sfera pubblica.
L’Europa fece ciò con i principali servizi: trasporti, comunicazioni, servizio postale, nonchè istruzione, salute e pensioni. Gli Stati Uniti privatizzarono i detti settori, creando tuttavia commissioni regolatrici per mantenere i prezzi in linea con il costo-valore base ( e a dirla tutta, l’effetto regolatorio è stato sempre un problema, specialmente con i prezzi dei trasporti ferroviari).
Saker: La Russia e la Cina si sono imbarcate in ciò che ritengo sia qualcosa di unico nella Storia: due ex-imperi hanno preso la decisione di diventare reciprocamente dipendenti dal punto di vista economico, avviandosi verso una relazione simbiotica di fatto. Ad esempio la Cina ha acconsentito di fatto a diventare totalmente dipendente dalla Russia per l’energia e l’industria delle forniture belliche. La Russia, da parte sua, spera l’economia cinese consentirà alla Russia di diversificarsi e crescere. Io ipotizzo che sono in effetti perfettamente complementari sotto numerosi punti di vista. Condividi la valutazione, e se sì, come valuti il potenziale della collaborazione economica/finanziaria di questi due superpoteri? Pensi che Russia e Cina insieme, insieme al resto di BRICS e i membri della organizzazione per la cooperazione economica di Shangai, sarebbero in grado di creare nuove economie e mercati liberi dal dollaro?
Michael Hudson: Ci sono due dinamiche fondamentali. Prima di tutto, nell’operare aggiustamenti su commerci, investimenti e valuta è importante che non siano interventi effimeri ma che, al contrario, portino benefici a lungo termine. L’America ha spinto Cina e Russia alla ricerca di questa sicurezza a lungo termine, dimostrando palesemente la sua dura opposizione al potere nascente di entrambe la Russia e la Cina (come dell’Iran o qualsiasi altro potenziale potere chiave).
La seconda dinamica fondamentale è che la strategia Americana del “divide et impera” è finalizzata ad annientare un rivale dopo l’altro. Unendo le forze reciprocamente, ed estendendo l’organizzazione per la cooperazione di Shangai includendo Iran ed altri Stati obbligherà gli USA a dichiarare guerra su minimo due differenti fronti qualora decidesse di muoversi contro Russia o Cina. Logicamente una relazione a lungo termine rappresenta sicurezza reciproca contro l’unico possibile aggressore.
L’investimento capitale in gasdotti ha un ritorno dell’investimento distribuito in un periodo di tempo assai lungo, quindi non ci si può permettere di esporlo a interferenza diplomatica estera, alla quale finora le vendite di gas russe verso l’Europa sono state parecchio prone. L’Europa pare non preoccuparsi troppo del rischio di essere lasciata al freddo, e di questo avrà da ringraziare i suoi politici eletti comprati dai dollari Americani.
Questa è la chiave segreta della diplomazia USA: semplicemente corrompere ogni politico, giornalista ed editore ed altre figure che siano corrompibili. Finchè il Tesoro Americano è libero di stampare dollari senza limite, finchè le banche centrali del mondo si prestano ad assorbire la spesa militare Americana comprando buoni del tesoro USA, spesa che potrebbe in qualsiasi momento essere usato contro loro stessi compratori, l’America detiene l’immenso vantaggio strategico di essere libera dai vincoli generati dalla bilancia dei pagamenti e del debito estero che limitano la spesa militare di qualunque altro Stato.
Per reazione, la Russia, la Cina e gli altri paesi dovrebbero sviluppare un’alternativa al sistema monetario ed al sistema di pagamenti basati sul dollaro USA, un sistema finanziario che rimpiazzi la centralità delle banche americane e infine un sistema di intercomunicazione finanziaria alternativo allo SWIFT.
Se riuscissero a fare questo con successo ciò rappresenterebbe la fine dei neoconservatori USA, colpevoli di avere spinto la provocazione troppo in là, ed ironicamente Cina e Russia rappresenterebbero le forze per il mantenimento della pace mondiale, liberando automaticamente ogni altra economia, commercio e persino apparato difensivo mondiale dalla costante minaccia degli Stati Uniti. Se avranno successo, questa minaccia si allontanerà, ma il ritiro delle pretese economiche USA non sarà certo amichevole e pacifico, come il suo collasso finanziario non sarà certamente un bello spettacolo. Il resto del mondo dovrà proteggersi dagli effetti di ritorno.
Saker: Con tutte le previsioni amare sul futuro del dollaro, gli USA continuano imperterriti a creare dollari dal nulla, i paesi del mondo continuano ad usare il dollaro per i commerci mentre il debito USA è in rapido incremento, i poveri diventano sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi, ed assolutamente nulla mostra segnali di cambiamento sebbene gli USA vadano ormai rapidamente da un fallimento di politica estera all’altro. Per quanto a lungo si può andare avanti così? Esiste un limite oggettivo oltre il quale il sistema non può continuare a funzionare secondo le stesse premesse? Potresti indicare un possibile evento futuro che forzerà gli USA ad abbandonare le sue pretese imperiali e a divenire uno stato “normale” come tutti gli altri, come d’altronde è già successo con tutti i passati ex imperi mondiali?
Michael Hudson: Non esiste un limite oggettivo a quanto la dipendenza dal dollaro, la deflazione del debito e la schiavitù del debito possono continuare ancora, a meno che le vittime non decidano di reagire e hanno successo. L’oligarchia del credito nell’Impero romano diede il via a praticamente un millennio di secoli bui.
L’egemonia del dollaro può finire solo e soltanto se si svilupperà un mezzo efficace alternativo di mantenimento delle riserve internazionali. A questo punta la nuova banca dei BRICS e il nuovo sistema di intercomunicazione finanziaria. Quello che serve adesso è un sistema fiscale complementare e una strategia di investimento pubblico e sussidio.
Piuttosto che un “evento” in particolare sarà, come la vedo io un processo parallelo e complementare alla lenta caduta delle economie occidentali che porterà i neoconservatori USA ad abbandonare i loro obiettivi.
Saker: la Cina e gli Stati Uniti sono visibilmente su una traiettoria di collisione politica e persino militare. Nonostante questo però in molti sostengono che le due sono troppo dipendenti reciprocamente per per sfociare in un conflitto propriamente detto. Ma è la verità che la loro relazione sia così simbiotica o possiamo considerare come possibile che la Cina si sganci in un modo o nell’altro dai mercati USA senza che questo provochi un collasso dell’economia cinese?
Michael Hudson: Una vera dipendenza non esiste, dal momento che sia la Cina che gli Stati Uniti puntano ad essere economicamente e militarmente indipendenti, proprio per non cadere mai in uno stato di sottomissione. L’obiettivo Americano, chiaramente è di rendere il maggior numero possibile di altri Stati dipendente da loro dal punto di vista finanziario e da quello militare. Questo è il motivo per il quale continua senza sosta ad accumulare armamenti, funziona come un racket di protezione mafioso che estorce tributi finanziari, commerciali e d’investimento e inchioda irrimediabilmente gli altri Stati ai loro “partner commerciali”.
Cina ed America hanno si relazioni bilaterali di commercio e investimento, ma per quanto forte la relazione non possiamo definirla simbiotica dal momento che può essere interrotta in qualsiasi momento senza minacciare in modo significativo la solvibilità e la sopravvivenza di nessuna delle due.
La Cina è gia impegnata nel riorientare la sua produzione dai mercati dell’export al consumo interno, ed in termini di politica monetaria sponsorizza la complementarità con gli altri membri BRICS, l’Iran, i paesi Sudamericani e Africani.
Saker: Dal momento che sostieni che “Cina ed America hanno sì una relazione reciproca di commercio e investimento, ma non è simbiotica perchè può essere interrotta in ogni momento senza mettere a repentaglio la solvibilità e la sopravvivenza di nessuna della due”, potresti cortesemente spiegare perchè non credi che qualora America e Cina annullassero i loro legami commerciali (Walmart etc) non sarebbe un colpo mortale per entrambe le economie? Non credi che ad esempio Walmart sia cruciale per il segmento a basso reddito dell’economia interna Americana e dall’altro lato non credi che la rendita generata da questi legami “tipo Walmart” sia cruciale per la Cina allo scopo di mantenere bassa l’inflazione?
Michael Hudson: Ciò che la Cina fornisce a Walmart può oggi essere venduto sul suo prospero mercato interno. La Cina non ha che farsene di altri dollari. Al contrario, più dollari più l’unica cosa sicura che può farci è riprestarli al Tesoro USA, finendo per finanziare il dichiarato piano detto “Asia pivot” finalizzato a circondare la Cina, tirandosi insomma la zappa sui piedi. Esempio classico degli effetti della sostituzione dello standard aureo con lo standard basato sui titoli sovrani USA.
Walmart, da parte sua, rimane del tutto dipendente dai suoi fornitori cinesi, dal momento che queste forniture cinesi gli consentono margini di profitto impossibili attraverso forniture da altri mercati asiatici o dal mercato interno.
Saker: Il modello capitalistico occidentale e la sua formula per la globalizzazione stanno cadendo bersaglio di critiche non solo dalla Russia e dalla Cina, ma da numerose altre nazioni del mondo. Alcuni dicono che la Cina abbia formulato un sistema alternativo fruibile di capitalismo di Stato. Nell’America latina, il “Socialismo Bolivarista” è in espansione, mentre nel medio oriente la Repubblica Islamica Iraniana offre anch’essa un modello socio-economico differente. Come vedi il futuro del modello capitalista, con la globalizzazione che ormai inevitabilmente sottende, il suo sistema bancario e finanziario etc. Pensi di intravedere alternative fruibili o che il Washington Consensus (egemonia USA) sia ancora l’unico gioco a cui si può giocare?
Michael Hudson: L’economia classica rappresentava la teorizzazione dei sistemi per industrializzare e ottenere competitività, ed allo stesso tempo, più correttamente, era la teoria di come allineare i prezzi con i realistici costi sociali associati alla produzione. La dottrina corrispondente (di cui Marx e Thorstein sono gli ultimi grandi esponenti) era perlopiù una guida che evidenziava le cose da evitare: privilegi particolari, rendita improduttiva, carichi vessatori improduttivi in genere.
L’obiettivo era di creare un modello di flusso circolare del prodotto sociale nazionale che distinguesse la vera ricchezza dai meri gonfiamenti e sovraccarichi. L’idea era di eliminare tutto ciò che non era necessario, ciò che Marx definiva le “escrescenze” della società post-feudale rimaste agganciate alle economie industriali di quella epoca. Quando i grandi economisti classici parlavano di “libero mercato” intendevano un mercato privo di classi che vivevano di rendita, libero da monopoli e soprattutto privo da crediti bancari predatori.
Certamente oggi sappiamo che Marx fu fin troppo ottimista. Descrisse il destino del capitalismo industriale come destino di liberazione dalla classi che vivevano di rendita. Ma la prima guerra mondiale cambiò il corso della civiltà occidentale. I “rentiers” (coloro che vivono di rendite) colsero l’occasione per contrattaccare, la scuola Austriaca, Von Mises e Hayek, il fascismo e gli ideologi dell’Università di Chicago ridefinirono i “liberi mercati” come mercati liberi per i “rentiers”, privi di tasse governative su sfruttamento di terra e risorse naturali, libero da regolazione pubblica dei prezzi e supervisione pubblica. L’eta delle riforme fu bollata come “strada per la schiavitù” ed al suo posto i teorici post-classici neoliberali promossero l’odierna strada verso la schiavitù del debito.
L’odierna guerra fredda può essere considerata nei suoi aspetti intellettuali come un tentativo di contenere possibili tentativi da parte di paesi esteri rispetto agli Stati Uniti di realizzare che l’alternativa (anti Thatcheriana) ed agire di conseguenza. La lotta in corso è per il cervello e la comprensione economica da parte dei Governi. Soltanto un Governo forte avrebbe il potere di ottenere le riforme che i riformatori del 19esimo secolo fallirono di ottenere.
L’alternativa è lo specchio di quello che seguì all’Impero romano: collasso verso la servitù e il feudalesimo.
Saker: Quali sono, nella tua opinione, le maggiori conseguenze dei vari fallimenti USA in politica estera per l’economia USA?
Michael Hudson: Gli strateghi Americani amano paragonare spesso la loro diplomazia geopolitica ad una scacchiera. Questo riflette un senso geografico dello spazio, dove si trova il petrolio, dove si trovano le altre risorse minerarie, quali paesi stanno diventando abbastanza forti da rischiare di rendersi indipendenti, nonostante il paragone però la diplomazia che risulta da queste considerazioni non somiglia affatto a una partita di scacchi, quantomeno non nella maniera in cui gli USA fanno le loro mosse.
Negli scacchi però, entrambi i lati muovono. L’idea del gioco è quella di tenere sempre a mente le conseguenze delle mosse ulteriori dell’avversario per anticipare la sua strategia. Quasi tutti i grandi maestri degli scacchi studiano le partite degli avversari e conoscono già bene le loro tattiche e i loro obiettivi quando si siedono per iniziare una partita.
Nella politica estera USA non si intravede niente di tale attenzione bilaterale. Negli anni ’40 e ’50 il Dipartimento di Stato ad esempio licenziò tutti gli esperti sulla Cina su direttiva del Senatore Joe McCarthy. La purga fu condotta in base al principio che di sicuro la maggior parte delle persone che ne sapevano molto sulla Cina ne sapevano così tanto perchè erano dei simpatizzanti cinesi e probabilmente con l’ideologia comunista.
La contraddizione interna qui è che senza comprensione degli obiettivi strategici della Cina e dei suoi metodi per ottenere tali scopi, i diplomatici USA erano praticamente costretti a lavorare al buio e ovviamente diventarono inefficaci.
Tornando rapidamente al presente, come ha fatto notare il neoconservatore del dipartimento di Stato USA Douglas Feith, chiunque abbia similmente familiarità con la storia araba è visto come sospetto, usando l’ragomento che potrebbero essere dei simpatizzanti. Quindi l’appoggio americano agli oligarchi sauditi del petrolio va a braccetto con l’appoggio ai sionisti dichiaratamente anti-arabi. Quando Feith consultò un esperto arabista del Pentagono, Patrick Lang, riguardo a un lavoro da svolgere nell’Iraq post invasione, Feith chiese: “E’ vero che conosci gli Arabi benissimo, e che parli perfettamente l’arabo?” Lang rispose che era vero. “Pessimo” disse Feith. Non c’era spazio per nessuno con un grammo di simpatia per “quella gente lì”. Lang non ottenne il lavoro.
Alla luce di questo non ci sorprende più di tanto che l’unilateralismo americano va avanti in una sorta di vuoto politico (“ci fabbrichiamo la realtà che ci pare”!!!). Il risultato è una hybris che apre lo scenario di una inevitabile caduta. E’ praticamente lo stesso di amministrare la politica estera bendati.
Il principale fallimento della politica estera USA si può allora descrivere nei termini della tragedia classica: un tragico errore che conduce esattamente all’opposto degli effetti desiderati. O, altrimenti, detto nei termini di Marx, l’ironia delle contraddizioni interne.
La risposta alla tua domanda, dunque, dipende da cosa intendi per “le politiche USA”. Ciò che potrebbe rappresentare una catastrofe per l’economia USA potrebbe non esserlo per gli interessi particolari che hanno assunto il controllo sulle decisioni politiche. I politici USA sono molto più espressione di chi investe nelle loro campagne elettorali che non espressione del voto degli elettori. Il peso finanziario di Wall Street e alle spalle di esso, dell’industria petrolifera insieme al settore immobiliare ed al complesso militare-industriale ha conseguito il successo dell’1%. E’ stato un grande successo per loro, se non altro nel senso che che le politiche USA sono arrivate a riflettere esattamente quello che desidera l’1%. Conseguentemente le stesse decisioni rappresentano la sconfitta del restante 99%, è chiaro. Al giorno d’oggi il detto 1% potrebbe dimostrarsi così corto di vedute da ottenere esattamente l’effetto contrario a quello che si auspica. Di questa dinamica fa parte il fallimento della politica estera USA nella comprensione le dinamiche delle società islamiche nel Medio Oriente.
Se per “fallimenti” intendiamo i danni che sono stati causati, tra questi indicherei come fallimento principale e più grave l’opposizione americana ai Governi secolarizzati che erano riusciti a prevalere in alcuni degli Stati islamici, in quanto l’opposizione ad essi ha dato spazio alla più estremista corrente di interpretazione letterale del Corano, promulgata dal Wahabismo Saudita.
La svolta fatale avvenne nel 1953 quando gli Stati uniti rovesciarono il governo Mossadegh in Iran. L’intenzione era semplicemente proteggere gli interessi petroliferi britannici ed americani, non certo di promuovere l’estremismo islamico. Ma prestare supporto allo Shah replicando il modello delle dittature di stampo sudamericano lasciò sul campo soltanto un ambiente di opposizione: le moschee islamiche e gli altri centri religiosi. Khomeini si mise alla guida della lotta per la libertà contro la dittatura dello Shah con le sue camera di tortura e contro il servilismo nei confronti della politica estera USA.
In Afghanistan gli USA crearono Al-Qaeda e appoggiarono Bin Laden per contrastare il regime secolarizzzato appoggiato dalla Russia sovietica. Le successive storie dei coivolgimenti Americani in Iraq, Siria, Libano e altrove in Medio Oriente sono una storia di appoggio all’Islamismo Wahabita Saudita. Ed è stato tutto un disastro da qualsiasi punto di vista.
Gli antropologi hanno additato le numerose divisioni etniche e religiose come responsabili del vicolo cieco delle politiche d’intervento USA, non il solo ovvio antagonismo tra Musulmani Sciti e Sunniti, ma più in generale delle radici nomadi e anti-femministe che contraddistinguono il contesto dell’estremismo Wahabita. Il vicino Oriente è stato dominato da sceicchi separati negli ultimi 4000 anni, ma la politica estera USA fa di tutto l’Islam un fascio, non mettendo minimamente in conto le divisioni interne.
In quanto democrazia l’America non può più permettersi conflitti di terra in piena scala. Nessuno Stato democratico può. Quindi l’unica opzione pratica rimanente è di bombardare e distruggere. Questa è stata sempre la strategia militare USA dal Medio Oriente ai paesi dell’ex blocco Sovietico nell’appoggio a dittature giurate a seguire alla lettera la politica estera USA e gli interessi delle sue compagnie minerarie, petrolifere e multinazionali in genere.
La politica estera americana non è altro che: “Fate quello che vi diciamo di fare, privatizzate e vendete ai compratori americani, permettetegli di non pagare tasse, inventatevi i trucchi contabili e i sotterfugi per trasferire i costi altrove come vi pare, altrimenti vi distruggiamo come abbiamo distrutto la Libia, l’Iraq, la Siria e tutti gli altri”
Il risultato è quello di unificare i paesi stranieri nell’interesse a resistere al sopruso, obbligandoli a ricercare una strada alternativa all’egemonia finanziaria USA. Se l’America avesse mai pensato di promuovere una politica di mutui vantaggi, gli altri paesi avrebbero molto probabilmente consentito all’America di fare profitti da loro, come logica parte di un vantaggio reciproco. Ma l’atteggiamento degli USA è di arraffare tutto e non condividere nulla. Questo egoismo è proprio l’elemento più autodistruttivo, in ultima analisi.
Michael Hudson e The Saker

Fonte: qui
11.06.2015
Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di CONZI

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