9 dicembre forconi: GLI NEGANO IL PERMESSO PER ANDARE AL BAGNO ED È COSTRETTO A FARSI LA PIPÌ ADDOSSO, UMILIATO DAL FATTO DI NON POTERSI NEMMENO CAMBIARE

lunedì 30 settembre 2019

GLI NEGANO IL PERMESSO PER ANDARE AL BAGNO ED È COSTRETTO A FARSI LA PIPÌ ADDOSSO, UMILIATO DAL FATTO DI NON POTERSI NEMMENO CAMBIARE


NON È SUCCESSO IN QUALCHE PAESE DEL TERZO MONDO MA IN UNA CONTROLLATA DELLA FIAT, A SEVEL SPA DI ATESSA (CHIETI) CHE PRODUCE I FURGONI DUCATO 

L’AZIENDA È STATA CONDANNATA A RISARCIRE 5MILA EURO

Ferruccio Pinotti per il Corriere.it

Sevel Spa di Atessa (Chieti)SEVEL SPA DI ATESSA (CHIETI)
Gli negano il permesso per andare al bagno ed è costretto a farsi la pipì addosso, umiliato dal fatto di non potersi nemmeno cambiare. Non è successo in qualche paese del terzo mondo ma in una controllata della Fiat, a Sevel Spa di Atessa (Chieti) che produce i furgoni Ducato. Ora l’azienda è stata condannata a risarcire un lavoratore al quale, durante il turno, fu impedito di recarsi ai servizi igienici, tanto che si fece la pipì addosso. 

A deciderlo è stato il Tribunale di Lanciano, che, accogliendo il ricorso dell’operaio che non è non autorizzato all’abbandono della propria postazione, assistito dall’avvocato Diego Bracciale, ha disposto che lo stabilimento dovrà corrispondergli una somma di 5mila euro, più la rivalutazione monetaria e le spese di giudizio.

«Operaio modello»
Secondo la ricostruzione dei fatti che si legge nella sentenza, erano le 16.45 del 7 febbraio 2017 quando il lavoratore ha azionato la prima volta il dispositivo di chiamata-emergenza per potersi allontanare dalla postazione, senza che nessun «team leader» si portasse nella sua postazione. 
VAl di sangro FVC SevelVAL DI SANGRO FVC SEVEL

L’operaio «ha dunque azionato il dispositivo di chiamata- emergenza della postazione vicina», sempre «con esito negativo» e alla fine ha chiesto a uno dei capireparto che si trovavano nei paraggi il permesso di recarsi alla toilette, senza però ottenere risposta positiva, fino a quando, «giunto allo stremo, e non avendo alternativa alcuna, lasciava la postazione e correva verso i servizi igienici, non riuscendo ad evitare di minzionarsi nei pantaloni. 

Nonostante ciò - si legge ancora - riprendeva immediatamente il suo lavoro; chiedeva di potersi cambiare in infermeria, ma tale permesso gli veniva negato», tanto che il lavoratore è riuscito a cambiarsi solo «durante la pausa, alle 18, presso il cosiddetto “Box Ute”, al cospetto di tutti i lavoratori vicini, donne comprese». L’avvocato Bracciale racconta al Corriere: «L’operaio metalmeccanico da me assistito, lavoratore modello e padre di famiglia, attivo in azienda da 12 anni senza mai un richiamo, era impegnato nella catena di montaggio. 
La catena di montaggio della SevelLA CATENA DI MONTAGGIO DELLA SEVEL

Alla Sevel tutto è cronometrato, la catena di montaggio prevede tempi standard per i movimenti del lavoratore. Nei casi di bisogno fisiologico è previsto che il cosiddetto “team leader” sostituisca il lavoratore, ma nessuno è intervenuto. Allora il dipendente ha suonato i dispositivi di chiamata d’emergenza, anche qui senza risultato. Alla fine non ha potuto evitare di farsi la pipì addosso». 

Il lavoratore, spiega il legale, «non è iscritto ad alcuna sigla sindacale ed e è stato su iniziativa dell’Unione sindacale di base (Usb) che è stato presentato il ricorso al tribunale. Il risarcimento stabilito dalla sentenza sana la situazione con il dipendente, che peraltro non ha mai smesso di lavorare. Temo tuttavia che l’azienda ricorrerà in appello».

manneken pisMANNEKEN PIS
Il sindacato
L’Usb ha ringraziato il legale e i diversi colleghi di lavoro «che hanno deciso di testimoniare, assumendo così un ruolo importante nell’iter giudiziario. Il giudice ha stabilito che il datore di lavoro ha arrecato concreto e grave pregiudizio alla dignità personale del lavoratore nel luogo di lavoro, al suo onore e alla sua reputazione, indubbiamente derivante dall’imbarazzo di essere osservato dai colleghi con i pantaloni bagnati». 

«La sentenza ha reso giustizia al lavoratore in questione, restituendogli in parte la dignità che rimane irrimediabilmente lesa, anche per le conseguenze che la vicenda ha inevitabilmente generato a livello morale e psicologico. Ci si augura che il fatto, che ha avuto comprensibilmente una grande risonanza mediatica per la sua gravità, non si verifichi mai più».

I precedenti
PIPI' PER STRADAPIPI' PER STRADA
Nel 2012 la stessa azienda (un consorzio fra Fca e i francesi Psa di Pegeout e Citroen) era stata oggetto di una denuncia per mobbing da parte di una dipendente, relativamente a fatti accaduti tra il dicembre del 2008 ed l’aprile 2010: per cinque tra dirigenti e dipendenti era stato chiesto il rinvio a giudizio, ma non è stato reso noto se poi le parti hanno raggiunto una transazione o se sia maturata una sentenza. Nel marzo di quest’anno vi era invece stato un esposto alla Procura della Repubblica per anomale turnazioni notturne.

Fonte: qui

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