"L'ESPRESSO" RIVELA L'APERTURA DI UN’INCHIESTA A SAN MARINO PER DUE “PRESTITI DI FAVORE A ELEVATO RISCHIO”, CONCESSI DA UNA BANCA DELLA REPUBBLICA DEL TITANO, CARATTERIZZATI DA UNA DOPPIA SERIE DI “VIOLAZIONI SISTEMATICHE» DELLE REGOLE CREDITIZIE
SI TRATTA DI 750 MILA EURO INCASSATI DA SIRI E ALTRI 600 MILA PER UN IMPRENDITORE A LUI COLLEGATO…
MATTEO SALVINI E ARMANDO SIRI INCONTRANO LE PARTI SOCIALI AL VIMINALE
Il caso Siri raddoppia. Come raccontiamo sul giornale in edicola da domenica 28 e già online su Espresso+ , dopo le inchieste aperte in Italia dalle procure di Milano, Palermo e Roma, anche le autorità di San Marino indagano sugli affari proibiti del senatore, ex sottosegretario e consigliere economico della Lega.
La nuova istruttoria riguarda due «prestiti di favore a elevato rischio» concessi da una banca dell'ex paradiso fiscale e caratterizzati da una doppia serie di «violazioni sistematiche» delle regole creditizie: 750 mila euro incassati dal senatore Armando Siri tra ottobre e gennaio scorsi, quando era ancora vice-ministro delle Infrastrutture, e altri 600 mila ottenuti appena tre mesi fa da un imprenditore a lui collegato.
ARMANDO SIRI MATTEO SALVINI
Entrambi i finanziamenti bancari sono stati giudicati «contrari ai principi di sana e prudente gestione del credito» dagli ispettori della Banca Centrale di San Marino e dell'Agenzia anti-riciclaggio (Aif), che dopo sette mesi di verifiche e interrogatori riservati hanno deciso di denunciare tutto alla magistratura. E di trasmettere gli atti anche alla procura di Milano.
Ecco i documenti inediti dell'indagine ispettiva della Banca Centrale di San Marino sui prestiti senza garanzie al senatore della Lega. In ottobre 750 mila euro all’allora sottosegretario. E tre mesi fa altri 600 mila a una ditta presentata dal suo portaborse. Tra incontri segreti, atti cancellati, carte tenute nascoste. Ora trasmesse alla procura di Milano
ARMANDO SIRI
L'Espresso, nel numero in edicola da domenica 28 luglio, pubblica in esclusiva i documenti dell'indagine ispettiva. Dagli atti risulta che il prestito non aveva motivazioni finanziarie: è stato deciso dalla banca per avere «scambi e relazioni con il senatore, considerata l'importante posizione di sottosegretario», in grado di condizionare il governo italiano.
Le anomalie più gravi della pratica di Siri riguardano documenti decisivi che risultano «alterati», «cancellati», «omessi» o «tenuti nascosti»: atti ricostruiti dagli inquirenti dopo uno scontro con la banca per sbloccare il sistema informatico. Ora anche queste carte sono state trasmesse ai pm italiani.
LA PALAZZINA COMPRATA DA ARMANDO SIRI A BRESSO
L'indagine della Procura di Milano sugli affari di Siri a San Marino era nata all'inizio di quest'anno dalla segnalazione anti-riciclaggio di un notaio milanese, rivelata da Report, che riguardava i 585 mila euro utilizzati dal senatore per acquistare una palazzina alla periferia di Milano, intestata però a sua figlia. Il secondo prestito di 600 mila euro che risulta «correlato a Siri» è finora del tutto inedito.
L'ex sottosegretario è sempre stato difeso pubblicamente dal leader della Lega, Matteo Salvini, ma ha dovuto lasciare la poltrona di governo perché coinvolto in un'altra inchiesta, con l'accusa di corruzione: la «revoca» dalla carica è stata decisa in aprile dal premier Giuseppe Conte su pressione dei Cinquestelle.
ARMANDO SIRI.
Quell'indagine, trasferita da Palermo a Roma, riguarda una presunta tangente di 30 mila euro promessa da un avvocato siciliano all'allora sottosegretario della Lega, in cambio di un emendamento diretto a favorire un imprenditore trapanese arrestato per mafia, il “re dell'eolico” Vito Nicastri , accusato di aver finanziato la latitanza del boss stragista Matteo Messina Denaro.
ARMANDO SIRI.
Nel 2018, quando è stato candidato al Senato dalla Lega di Salvini come esperto di economia e teorico della “flat tax totale”, Armando Siri aveva già dovuto patteggiare una condanna per bancarotta fraudolenta, a suo dire ingiusta, per il fallimento di una sua società milanese accusata anche di evasione fiscale. Una sentenza definitiva rivelata già l'anno scorso da L'Espresso, che la banca di San Marino è ora accusata di aver conosciuto, ma «omesso» di inserire nella pratica, per non ostacolare il prestito al politico.
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