Alcuni analisti temono il peggio: aumento delle quotazioni sui mercati e parallelo aumento dei tassi di interesse, uguale recessione.
Aumento delle quotazioni sui mercati e parallelo aumento dei tassi di interesse, uguale recessione. Questo il parere di Martine Robin Bew, CEO di Economist Intelligence Unit che conferma la sua view secondo cui la continua, rapida ascesa delle azioni globali combinata con l'aumento dei tassi di interesse in arrivo ha portato alcuni analisti finanziari a prevedere un'inevitabile recessione nel prossimo futuro.
"Riteniamo che la Federal Reserve continuerà a portare avanti il suo programma di rialzo dei tassi nel corso dei prossimi due anni circa”
A fargli eco è Sonja Laud, responsabile azionario di Fidelity International
“La liquidità fornita dalle banche centrali è il punto centrale che dobbiamo comprendere, per essere sicuri di capire come reagisce il mercato"
La contrazione della liquidità, infatti, può portare a una svendita di titoli azionari dal momento che sarà necessario trovare i mezzi per poter continuare ad operare liberamente come si faceva prima. La conseguenza? Normalmente quello che succede è la vendita delle asset class più liquide e disponibili, e le azioni sono normalmente la prima scelta.
Tra perplessità e speranza
A questo sia aggiungano anche i timori circa un mercato sopravvalutato e in odore di bolla per capire come i timori di un incidente possano essere concreti. Non solo gli analisti, ma anche la stampa nutre qualche timore sulla situazione attuale: il Daily Telegraph ricorda che le uniche fasi in cui le valutazioni di mercato sono state più alte di quelle attuali (corrette per l'inflazione) sono state quelle immediatamente precedenti la bolla delle dotcom alla fine degli anni '90 e del crollo di Wall Street del 1929.
Ma il prolungato ottimismo degli investitori negli ultimi anni, ottimismo che ha dato vita al secondo bull market della storia che ad agosto potrebbe diventare il primo, per durata, non è sempre fonte di preoccupazione. Il Dow Jones ha raggiunto il massimo storico di 24.536 punti lunedì prima di stabilirsi a 24.400 aiutate dall'inizio da un0area di euforia a sua volta derivante dalle aspettative nate sull'onda del TrumpTrade ovvero l'agenda Trump fatta di riforme, investimenti e tagli fiscali. Nell'ultimo caso il colpo di coda è arrivato proprio quando stavano iniziando a sorgere dubbi sull'effettiva capacità della nuova amministrazione presidenziale di riuscire a portare a casa il primo obiettivo concreto dopo il fallimento della riforma sanitaria. In queste ore, infatti, il Senato Usa è riuscito ad approvare un piano fiscale che promette di ridurre le aliquote dell'imposta sulle società dal 35 al 20% e di portare tagli per 1.500 miliardi di dollari spalmati su 10 anni.
I problemi della riforma
Ma è proprio la riforma fiscale Usa che, dopo aver dato benzina ai mercati, fa sorgere più di un dubbio tra gli analisti: se da un lato le grandi industrie si troveranno un taglio imponente delle tasse (in Europa la media è del 23%, quella Ocse del 22% negli Usa, con ogni probabilità arriverà, come detto, al 20%) dall'altra non ci saranno gli stessi vantaggi per i i redditi dei singoli contribuenti e delle famiglie. Prima di tutto è bene ricordare che le aliquote per le persone fisiche, negli Usa sono 7 e il tentativo di Trump di ridurle a 3 è fallito durante le trattative parlamentari. Proprio a questo proposito le versioni della riforma approvate tra Camera e Senato sono discordati: alla Camera si parla di 4 aliquote che crescono all’ammontare del reddito (tra un minimo del 12% e un massimo del 39,5%) al Senato, invece, sono rimasti 7 scaglioni (aliquota minima del 10% e una massima del 38,5%). In tutto questo sono diminuiti i livelli della no tax area, cioè la soglia di reddito al di sotto della quale un contribuente non paga imposte, a favore di un aumento delle deduzioni standard ovvero una cifra che è possibile detrarre dal reddito imponibile, un'opzione che però permette alle fasce di reddito più alto di diminuire appunto l'imponibile e, quindi, scendere di scaglione. Altro problema è il fatto che su una serie di cali generalizzati delle imposte, i contribuenti con reddito al di sotto dei 25mila dollari di reddito risparmieranno qualche centinaia di euro di imposte, quelli che guadagnano oltre vedranno il vantaggio di un risparmio intorno ai cento dollari o poco più mentre quelli che sfiorano i 200 mila (dai 100mila ai 175mila per la precisione) potrebbero vedere un risparmio superiore ai 3mila euro.
Fonte: qui
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